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Colombia. Il narcotraffico dietro la scomparsa di Carlos Castaño?
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Articolo di Donatella Poretti
28 aprile 2004 18:01
 
"Alle note e reiterate minacce contro il presidente della Repubblica da parte dell'Eln e delle Farc si sono unite nelle ultime settimane minacce provenienti da settori delle Autodifese e da narcotrafficanti", inizia cosi' il duro comunicato stampa emesso dal presidente colombiano Alvaro Uribe che si rivolge in particolare ai paramilitari e al processo di pace avviato dallo scorso agosto e oggi a rischio.
"Il Governo ha offerto un negoziato a tutti i gruppi armati irregolari a patto che cessassero le ostilita'", prosegue infatti la nota, "il processo di pace con i paramilitari non puo' procedere tra violazioni del cessate-il-fuoco, vendette, operazioni di narcotraffico e scontri tra gruppi criminali. Se le Autodifese intendono avanzare in un negoziato serio, devono accettare di concentrarsi in una zona determinata, con regole chiare e dietro verifica dell'Organizzazione degli Stati Americani. Devono andare avanti con la smobilitazione. In caso contrario, il Governo continuera' a combatterli fino a sconfiggerli".

L'intervento di Uribe arriva a 11 giorni esatti dal misterioso attentato con conseguente scomparsa del leader politico delle Auc (Autodifese unite della Colombia) Carlos Castaño. Un attentato molto probabilmente realizzato da alcuni settori delle stesse Auc. Ma sulla scomparsa di Castaño si sono sommate diverse voci: per qualcuno e' stato ucciso dal settore paramilitare piu' coinvolto nel narcotraffico, mentre per qualcun altro si starebbe consegnando alle autorita' statunitensi, che del resto ne avevano chiesto l'estradizione.
Nel comunicato, Uribe affronta infatti anche la questione delle richieste di estradizione che gravano su Castaño, il suo 'secondo' Salvatore Mancuso, e altri comandanti paramilitari, considerate dai leader delle Autodifese un ostacolo al processo di pace. "Se proibiamo l'estradizione, la Colombia verra' screditata di fronte alla comunita' internazionale. L'estradizione non e' argomento di negoziato. Chi vuole evitarla, deve dimostrare la sua buona fede e l'impegno alla riabilitazione".

Due cose sembrano certe in questa vicenda, con la scomparsa di Castaño si complica il processo di pace e la smobilitazione dei paramilitari, e che il narcotraffico sia in qualche modo coinvolto, in maniera piu' o meno diretta.

Quando nel maggio del 2001 Castaño decise di abbandonare il comando generale delle Auc spiego' cosi' la mossa: "questa e' una guerra tra narcoautodifese e narcoguerriglia. Questa non ha bisogno della politica. Il narcotraffico le distruggera' entrambe". Da allora le sue autodenunce su quanto le Auc fossero coinvolte nel narcotraffico, con invito ai capi dei vari blocchi ad uscirne si sono susseguite ininterrottamente. Poi e' arrivata la richiesta di estradizione Usa, proprio per narcotraffico.
Per Salvatore Mancuso, capo militare delle Auc la vicenda dell'attentato dello scorso 16 aprile e' stato solo un "confuso" incidente di cui Castaño avrebbe approfittato per allontanarsi, una sorta di strategia per uscire dalla scena pubblica e negoziare la sua consegna agli Usa. Versione in seguito smentita dall'ambasciatore statunitense William Wood.
L'ex capo paramilitare Rodrigo Franco, noto anche come "Doble Cero", sostiene invece che Castaño sia stato ucciso dal narcotraffico per paura che si consegnasse agli Usa, e a questo omicidio avrebbe partecipato anche il fratello di Carlos, José Vicente. "Con la morte di Carlos ha vinto il narcotraffico e ha perso la Colombia, perche' Castaño con la sua presenza avrebbe contribuito al tavolo dei negoziati. al processo di smobilitazione", spiega Franco che nell'ottobre era stato sconfitto e il suo fronte dissolto da un altro paramilitare, Don Berna.
José Vicente Castaño e Don Berna fanno entrambi parte della lista del Dipartimento del Tesoro Usa classificati come grossi narcotrafficanti. Secondo Franco l'infiltrazione del narcotraffico al comando o nello stato maggiore delle Auc era iniziata nel 1998, e la cosa aveva dato origine all'omicidio, o all'esclusione, di "persone valorose che cercavano solo soluzioni alternative alla situazione problematica nazionale, un processo che praticamente si conclude con quello che e' successo a Carlos".

Carlos Castaño e suo fratello Fidel fondarono i paramilitari delle Accu (Autodefensas Campesinas de Cordoba e Uraba) nel 1982, esattamente un anno dopo, e come risposta al sequestro e omicidio del padre da parte delle Farc. Per 10 anni ci furono contatti con altri gruppi di autodifese, poi ci furono gli scambi con il narcotraffico e anche le guerre interne. Dopo il 1994 e la scomparsa del fratello Fidel per mano della guerriglia, Carlos assunse il comando e si circondo' di persone come Salvatore Mancuso. Nel 1997 riuni' tutti i gruppi sotto il comando delle Auc, Autodifese Unite della Colombia, con tanto di statuto e di organigrammi. Carlos era il capo politico e Mancuso quello militare. Il narcotraffico era una delle piu' grosse fonti di finanziamento.
Con la ripresa delle estradizioni da parte del Governo di Ernesto Samper, con l'inizio delle pressioni degli Usa, dentro le Auc si creano delle differenze, Carlos Castaño e il comandante Rodrigo Franco da una parte contrari al narcotraffico, mentre Mancuso, Fidel Castaño e altri ritengono che sia l'unica maniera per finanziarsi e percio' per vincere la guerriglia. E dal 2001 lo scontro dei paramilitari non e' stato piu' solo con la guerriglia, ma anche interno tra blocchi in cui l'elemento distintivo era proprio il rapporto con il narcotraffico. Carlos Castaño aveva fatto i nomi dei blocchi coinvolti in questi affari, e li aveva denunciati.
Da fondatore a minaccia per i suoi 18 mila uomini, un uomo che sa, o sapeva, sicuramente molto, forse troppo nonostante avesse solo 39 anni. Un uomo su cui pendevano le accuse dei piu' pesanti crimini contro l'umanita', dagli stermini di massa agli omicidi selettivi, ma che secondo alcuni poteva essere quello piu' ragionevole per porre fine al conflitto che insanguina il Paese da oltre 40 anni.
 
 
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