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Colombia. Gabriel García Márquez: avete capito male, io sono contro la legalizzazione
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Articolo di Donatella Poretti
20 maggio 2003 14:08
 
Le parole del Nobel erano sembrate molto chiare, ma evidentemente ci eravamo soffermati solo sul significato letterale, e ci eravamo scordati che avevamo a che fare con un poeta.
La frase che ha scatenato i lanci delle agenzie di tutto il mondo domenica in occasione dei 200 anni dell'Universita' statale di Antioquia, Medellin, era la seguente:

"Non e' possibile immaginare la fine della violenza in Colombia senza l'eliminazione del narcotraffico, e non e' immaginabile la fine del narcotraffico senza la legalizzazione della droga, sempre piu' prospera ogni istante che passa in quanto piu' proibita".

E la frase non e' stata ritrattata -del resto esistono le registrazioni-, ma quello che ieri ha precisato Gabriel García Márquez e' che uno piu' uno fara' due in matematica, ma non in letteratura e in poesia. "Io ho detto in cosa consiste, esattamente, il dramma colombiano: che non e' immaginabile che ci sia la fine del narcotraffico senza la legalizzazione del consumo. Questa e' l'enormita' della tragedia che soffrono i colombiani", ha detto dai microfoni della radio Rcn (Radio Cadena Nacional) ieri, sottolineando di non avere mai detto che per questo le droghe devono essere legalizzate, ne' tantomeno di avere fatto una simile proposta al Governo del suo Paese.
Ed infatti era solo una conclusione a cui ingenuamente eravamo arrivati un po' tutti, ma non esplicitata nel discorso di "Gabo". Se l'unico modo per far finire la violenza in Colombia e' la legalizzazione delle droghe, sembrava fosse scontata la conseguenza di "essere per la fine della violenza e quindi per la legalizzazione delle droghe". Ma come detto, in letteratura e in poesia non funziona come in matematica. Percio' siamo certi che Gabriel García Márquez sia per la fine della violenza in Colombia, ma non e' detto che la soluzione che lui ci dice come unica, sia quella che lui sostiene.
E siccome a Gabriel García Márquez non deve essere piaciuto essere stato "male interpretato", ha chiarito a Rcn che "al contrario di cio' che gli hanno attribuito i giornalisti, sono contro la legalizzazione della droga e contro il consumo di droghe". E se qualcuno ha sbagliato, l'errore e' dei giornalisti: "non sono riuscito ad ottenere che i miei colleghi giornalisti trascrivano con esattezza cio' che dico o scrivo, invece che attribuirmi dichiarazioni inverosimili, pensieri che non ho e posizioni che detesto". Dopo aver ricordato che non avrebbe potuto scrivere un solo libro se non fosse stato per i suoi lunghi anni di giornalismo, ha aggiunto: "per questo mi duole l'impunita' in cui si trova il giornalismo di questi tempi".
Ma di qualcosa di simile era stato accusato a sua volta, e pochi giorni fa, lo stesso Gabriel García Márquez da Enrique Krauze sul quotidiano messicano "La Reforma" (GABO NEL SUO LABIRINTO, 4 maggio 2003). "Gabriel Garcia Márquez promuove il giornalismo in Colombia e una volta ha detto che il reportage e' un genere letterario che "puo' essere non solo uguale alla vita, ma anche di piu': meglio della vita. Puo' essere uguale ad un racconto o ad una novella con l'unica differenza -sacra e inviolabile- che la novella e il racconto ammettono la fantasia senza limiti, mentre il reportage deve essere vero fino all'ultima virgola". Come riesce a conciliare Gabriel Garcia Márquez questa dichiarazione della morale giornalistica con il suo stesso occultamento della verita' a Cuba, nonostante abbia avuto un accesso privilegiato alla realta' cubana?", scriveva Krauze in quella occasione, ricordando come Gabriel Garcia Márquez era sempre stato vicino alla dittatura cubana. "Personalmente -concludeva Krauze-, credo che la sua opera di fantasia sia tanto potente e originale, che sopravvivera' alle stravanganti fedelta' dell'uomo che le ha scritte, cosi' come l'opera di Celine e' sopravvissuta alla sua passione per i nazisti o quella di Pound alla sua ammirazione per Mussolini. Eppure sarebbe un atto di giustizia poetica quello che, nell'autunno della sua vita, al massimo della sua gloria, si slegasse da Fidel Castro e mettesse il suo valore al servizio della liberta', della democrazia e dei diritti umani a Cuba . Anche se sara' impossibile. Queste cose inverosimili avvengono solo nei racconti di Gabriel Garcia Márquez".

E l'inverosimile Gabriel Garcia Márquez, appassionatamente schierato per la legalizzazione delle droghe, la fine del narcotraffico e la fine della violenza in Colombia, era -appunto- inverosimile.



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