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Colombia. La dipendenza da repressione
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Articolo di Rodrigo Uprimny
19 maggio 2007 9:16
 
Rodrigo Uprimny e' direttore di DeJuSticia, un centro di studi di Diritto, Giustizia e Societa'. E' stato creato nel 2003 da un gruppo di professori universitari per contribuire al dibattito su diritto, istituzioni e politiche pubbliche, partendo da studi rigorosi che promuovano la formazione di una cittadinanza senza esclusioni, della democrazia, dello Stato sociale di diritto e dei diritti umani. Nell'articolo che segue Uprimny spiega perche' la proposta governativa di punire il consumo di droghe sia un ulteriore capitolo del carattere drogante del proibizionismo.
Forse piu' drogante del consumo di certe droghe c'e' solo la repressione nei confronti della loro produzione e commercializzazione. La tossicodipendenza provoca nel drogato una necessita' sempre maggiore di consumare sostanze psicoattive, le quali, pero', offrono sempre meno gli effetti piacevoli che egli ricerca. Alla fine, il drogato assume la sostanza unicamente per evitare la sgradevole sindrome dell'astinenza. La repressione delle droghe procede in modo analogo: ogni volta aumenta la necessita' degli Stati di reprimere certi comportamenti per controllare la produzione illegale in espansione. Ma ogni volta sono minori gli effetti della repressione sull'offerta e il consumo di droghe illegali. E cosi', allo stesso modo del tossicomane che decide d'aumentare la frequenza e la dose della sostanza, i poteri pubblici, visti gli scarsi effetti dell'accresciuta repressione, decidono d'aumentarne la dose e la frequenza. La repressione diventa dipendente.
Tre fatti recenti aiutano a illustrare questa metafora. Il primo mostra la crescente repressione: l'annuncio del ministero della Difesa, il primo maggio, del sequestro di varie tonnellate di cocaina, che sarebbe uno dei maggiori in tutta la storia della lotta alle droghe. Il secondo indica che, malgrado la momentanea euforia, i risultati rimangono magri. Pochi giorni prima, un rapporto dell'Istituto di Analisi della Difesa (IDA) segnalava infatti che il prezzo della cocaina per le strade degli Stati Uniti era calato del 35% negli ultimi due anni, mentre il grado di purezza era salito dal 60% al 72%. Cio' mostra che, nonostante il Plan Colombia, le fumigazioni massicce e le enormi confische, negli Stati Uniti il mercato della cocaina e' super-rifornito. L'ultimo illustra la sindrome d'astinenza. Di fronte alla precarieta' dei risultati, lo Stato colombiano non riconsidera la propria strategia antidroga, ma s'imbarca in una repressione accentuata e ottiene l'approvazione, nel primo dibattito in Parlamento, su un progetto di riforma costituzionale volto a penalizzare il consumo di droghe. Qualcuno puo' forse mettere in dubbio il carattere drogante di questa guerra alla droga?
Si potrebbe obiettare che la mia metafora si presta ad equivoci poiche' parla di risultati contingenti, suscettibili di variazioni. Ma io non credo che questi invalidino la metafora, per la semplice ragione che essa si riferisce a una tendenza strutturale e non a situazioni congiunturali. E' per questo che ho formulato la metafora in un testo del 1990 (disponibile sulla nostra pagina web clicca qui); credo la si possa ripubblicare in qualsiasi momento, aggiornando semplicemente alcuni dati, giacche' le dinamiche rimangono. La tesi della metafora e' che, a fronte di alcuni successi parziali, la guerra alle droghe a lungo termine e' una continua sconfitta. Malgrado le enormi risorse investite nella repressione, il mercato illegale e' sempre ben rifornito. E lo e' non per incompetenza dei funzionari, ma per la struttura stessa del mercato. La ragione e' questa: una vittoria contingente, come potrebbe essere la disarticolazione di una mafia esportatrice, genera il mancato rifornimento temporale; cio' si traduce nel rialzo dei prezzi, cosa auspicata dal proibizionismo per ridurre il consumo. Ma il paradosso e' che il rincaro si traduce in un incentivo perche' altri entrino in quest'attivita', sempre e fino a quando ci sia domanda. E dato che la produzione di droghe illegali d'origine vegetale come la cocaina e l'eroina e' tecnicamente semplice, e gli spazi geografici potenziali per produrle sono immensi, succede che l'unico risultato che i successi parziali riescono ad ottenere e' la dislocazione della produzione in altre aree. La conseguenza della dislocazione e' nota e anche molto ben documentata. Per esempio, la repressione della marijuana in Messico alla fine degli anni 60 con l'uso dei pesticidi, ha avuto come principale conseguenza il trasferimento della produzione in Colombia. Poi, la fumigazione della marijuana in Colombia negli anni 70 ha consentito lo sviluppo della sua coltivazione negli Stati Uniti. E poiche' essi non la reprimono (e nemmeno usano le fumigazioni), la marijuana e' oggi una della principali produzioni agricole di quel Paese.
Allora, le dipendenze non sono tutte cattive; ci sono persone dipendenti dalla lettura, dal caffe' o dagli allenamenti che fanno una vita piena. Ma ci sono dipendenze problematiche. La guerra alla droga e' una di queste poiche' la repressione e' totalmente inadeguata a controllare la produzione illegale, e in piu' produce effetti secondari gravissimi: la crescita della violenza e della corruzione per la nascita di mafie legate allo stesso dinamico mercato illegale; il deterioramento delle liberta' per il varo di norme penali ogni volta piu' repressive; l'incremento di persone condannate a lunghe pene per piccolo spaccio, eccetera. E' per questo motivo che molti di noi sostengono, da piu' di un decennio, che il mondo dovrebbe avanzare verso una qualche forma di legalizzazione regolata e differenziata della produzione, della distribuzione e del consumo di sostanze psicoattive. E' ovvio che cio' non avverra' a breve termine e che la Colombia non potra' prendere unilateralmente decisioni come queste. Ma cio' che potremmo fare noi colombiani e' tentare di disintossicarci dalla dipendenza da repressione delle droghe, e dedicarci ai temi su cui abbiamo autonomia per decidere sovranamente. Un buon passo in questa direzione sarebbe quello di rifiutare la proposta governativa di penalizzazione del consumo di droghe che, con l'illusione di proteggere meglio i nostri adolescenti, carica il paese e gli stessi giovani di problemi ulteriori, come molti di noi dimostrarono, nel 1994, quando difendemmo attraverso vari articoli la sentenza della Corte costituzionale che depenalizzo' il consumo.

Traduzione di Rosa a Marca
 
 
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