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Colombia. A dieci anni dalla morte di Pablo Escobar restano... gli ippopotami
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
1 dicembre 2003 17:32
 
Si compiono domani dieci anni dalla morte di Pablo Escobar, praticamente una leggenda, quella del Cartello di Medellin, dello sfarzo e del lusso sfrenato abbinato al potere. All'apice della sua fortuna era l'uomo piu' potente della Colombia e forse dell'America Latina. Gestiva praticamente l'intero traffico di cocaina verso gli Stati Uniti, tanto che la rivista Fortune lo rubrico' come il settimo uomo piu' ricco del mondo. E ieri erano in 200 ad assistere ad una messa in suo ricordo celebrata nella cappella del cimitero di Medellin.
A dedicare un articolo al piu' famoso narcotrafficante e al suo impero e' stato ieri il quotidiano El Tiempo, che e' andato a vedere che fine hanno fatto le ricche e sontuose residenze, con i parchi e gli animali fatti arrivare da tutte le parti del mondo. Chi le abita ora? E lo Stato colombiano ha requisito alcune di queste ville? Perfino un carcere costruito su sua misura e' stato abbandonato. Ma se in Colombia gli ippopotami non esistevano prima di Escobar, ora sembrano essersi adattati all'ambiente e riescono a riprodursi anche senza i guardiani che amorevolmente li curavano!

Al compiersi dei dieci anni dalla morte di Pablo Escobar Gaviria, della sua leggenda non resta quasi nulla
La maggior parte dei sontuosi ambienti che furono costruiti durante il suo impero cascano a pezzi e sono abitati da poveri.
Per iniziare, il carcere, noto come 'La Catedral', che tra il 1991 e il 1992 fu il luogo piu' presidiato del Paese, e' ora una montagna di mura sconnesse e di pietre sparse su lastre di cemento ricoperte da foglie. Escobar e 12 dei suoi sottotenenti vi furono reclusi durante la politica di sottomissione alla giustizia del presidente César Gaviria.
Costa fatica credere che questo sia lo stesso luogo dove le autorita' trovarono tappeti persiani, vasche e una lussuosa tavola -tra gli altri mobili-, dopo la fuga del capo, realizzata il 22 luglio 1992.
L'edificio 'Mónaco', a Medellin, una struttura di 8.000 metri quadrati che si dimostro' il focolaio del mafioso dopo l'esplosione di un'autobomba nel gennaio del 1988, attualmente e' abitato da 70 impiegati della Direzione Finanziaria e Amministrativa della Procura del dipartimento di Antioquia.
Invece, l'edificio 'Dallas' non e' molto ben messo. "Resta solo la volta -ammette l'attuale vicedirettore dei Beni della Direzione Nazionale di Stupefacenti (Dne), Alejandro Olaya-. I resti indicano che quando la mafia si rese conto che stava per perderlo, ordino' di saccheggiarlo. Cercarono di portarsi via anche l'ascensore".
Concepito come un centro commerciale con piu' di 60 parcheggi e otto piani di uffici, i suoi unici 'clienti' sono il barbone Jorge Efrain Gómez, sua moglie, un cane malconcio e un gatto ossuto che vi trascorrono la notte.
A pochi chilometri, un altro abitante della strada e' l'unico ospite della casa segnata con il numero 45D-94, sulla strada 79, nel quartiere Los Olivos. Senza prestare grande importanza al fatto che il capo del Cartello di Medellin era stato abbattuto sul tetto di questa casa sudicia e abbandonata, proprieta' della Dne, tutte le notti si arrampica per le grate del finestrone, fino al balcone, dove allestisce il suo letto.
In una situazione praticamente identica si trova la fattoria 'Nápoles', il luogo di riposo prediletto da Escobar e forse il principale simbolo del suo potere, della sua ostentazione e della sua stravaganza.
I suoi 492 ettari sono ricordati per avere ospitato uno degli zoo piu' impressionanti dell'America Latina, con giraffe, leoni, elefanti, rinoceronti, tigri, uccelli e ippopotami (alcuni di questi sopravvivono nei laghi) portati da Paesi come l'Etiopia e il Congo.
Dopo la morte del capo, molti prestanomi cercarono di impadronirsi di parte di questo paradiso che, come nella maggior parte dei casi, era intestato a nomi di terze persone. Il risultato: piu' di una decina di morti.
Sei anni fa, durante il Governo di Ernesto Samper, 24 famiglie di sfollati vittime del conflitto armato vennero alloggiate li'. Oggi ce ne sono rimaste solo quattro.
Assediati dalle erbacce e dai cavilli giuridici, sono gli unici abitanti di questa tenuta, che in passato e' stata scenario di stravaganti feste in cui non mancarono mai cocaina, reginette, calciatori e politici corrotti.
Uno dei pochi indizi di quei sfrenati giorni sono i rottami di cio' che fu un'invidiata collezione di automobili, compresa una limousine Mercedes Benz.
L'abbandonata pista d'atterraggio per aerei della fattoria, che si trova nella tenuta di Valledupar, sta per essere consegnata al municipio di Puerto Triunfo perche' la ripristini e possa venire nuovamente utilizzata, ora per lo sviluppo agropastorizio e turistico della zona.
L'avvocato della Dne Carlos Humberto Pinzón ha detto che dopo un'attesa durata tanti anni mancano solo pochi mesi perche' lo Stato diventi definitivamente proprietario della proprieta'.
E se un giorno c'era il pellegrinaggio verso l'ultima residenza dell'uomo che inizio' rubando lapidi al cimitero di San Pedro e fini' facendo traballare le strutture nazionali del potere, ora sono molto pochi quelli che arrivano fino a li'.
'Pablo Emilio Escobar Gaviria, 1 dicembre 1949-2 dicembre 1993' recita una semplice lapide grigia sopra un monticello del cimitero Jardines Montesacro, a Itagüí. Ora non si vedono piu' le lettere, le cartoline, le promesse e le petizioni che abbondarono nei mesi immediatamente successivi alla sua morte.
La sua tomba e' abbellita da un solo vaso con una pianta da 40 mila pesos, di fiori rossi che i fiorai chiamano 'ginger'. Qualcuno ha portato due girasoli. In questo luogo giace l'uomo che preferi' una tomba in Colombia ad un carcere negli Stati Uniti.
 
 
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