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Cina. La lotta alla droga, la pena di morte e i metodi cinesi
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Articolo di Donatella Poretti
26 agosto 2004 16:37
 
Se ci fosse una classifica delle notizie piu' inquietanti, questa sarebbe tra i primi posti. Una giovane donna accusata di traffico di stupefacenti, e' stata costretta ad abortire per poter essere condannata a morte dalle autorita' cinesi.
Visto che la legge cinese prevede che una donna incinta o un minore di 18 anni non possano essere condannati a morte, e' stato chiesto a Ma Weihua, 29 anni e originaria di Gansu (nord est del Paese) se voleva interrompere la sua gravidanza. A fronte del rifiuto, il commissariato di Chengguang (Lanzhou) ha firmato per lei la richiesta di intervento chirurgico. Il documento del 19 febbraio 2004 di accompagnamento all'ospedale recitava: "dato che la paziente non ha mostrato cooperazione, il direttore del commissariato di Chengguan sollecita l'applicazione forzosa dell'operazione".
Ora, Ma Weihua potra' ricevere la sua condanna, che potrebbe anche essere quella della pena capitale. A gennaio infatti era stata arrestata a Lanzhou con 1.606 grammi di eroina, e ancora il Tribunale del Popolo di Gansu non aveva emesso alcuna condanna.

La storia arriva direttamente dagli organi di informazione cinese, e questo e' l'unico aspetto positivo della notizia. E' infatti il Quotidiano della Gioventu' di Pechino a riportare la denuncia dell'avvocato Wong Weihua. Mentre il legale racconta come la sua assistita sia stata costretta ad abortire, la polizia non ha fornito nessuna conferma, ma neppure una smentita. Una prova, secondo l'avvocato, sarebbe che l'operazione e' stata praticata sotto anestesia totale, e non locale come viene fatto in questi casi, ma evidentemente solo se c'e' il consenso della donna. Altrimenti e' meglio addormentarla del tutto.
La donna e' rea confessa. Sotto interrogatorio ha, infatti, ammesso che era stato un suo amico a chiederle di trasportare la droga fino a Lanzhou per 600 dollari. Visto che lo stupefacente non e' mai arrivato a destinazione "per cui non e' stato fatto alcun danno alla societa'" ed e' la prima volta che la donna accusata del reato di possesso di droga, l'avvocato sollecita una condanna "lieve" per la sua assistita.
 
 
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