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Brasile. La Rocinha, solo un esempio della violenza generata dal proibizionismo
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Articolo di Donatella Poretti
18 aprile 2004 19:54
 
I morti sono saliti a 12 e anche se "la situazione oggi e' tranquilla", come cerca di rassicurare la Segreteria alla Sicurezza Pubblica di Rio de Janeiro, la questione della violenza del narcotraffico e delle favelas carioca non e' certo chiusa.
In neppure due settimane sono morti trafficanti, poliziotti e semplici abitanti che hanno avuto una sola colpa, quella di trovarsi nella traiettoria di una qualche pallottola vagante. E' morto anche il capo del narcotraffico della favela Rocinha, la piu' redditizia in questo campo, Lulu. E se nel corso dei suoi funerali i partecipanti giuravano vendetta, c'e' gia' stato chi tra i suoi uomini ha assunto il comando per difendere il territori dall'attacco di Dudu, su cui pende anche una taglia milionaria da parte della polizia. Un capitolo chiuso, invece e per fortuna, e' quello della costruzione di un muro che avrebbe dovuto svolgere al massimo una funzione di isolamento della violenza. Come pure momentaneamente rimandato sembra essere l'invio dell'Esercito per combattere il narcotraffico e la violenza nelle strade di Rio.

Nel frattempo c'e' chi incolpa di tutto i consumatori di droghe appartenenti alla classe media. Autore di questa non nuova analisi e' l'ex presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso: "se c'e' il traffico e il contrabbando di droga e' perche' c'e' chi la consuma [.] questo e' un problema della classe media. Chi usa droga e' ricco, non e' povero. Questa e' una questione che non solo il Governo deve affrontare. [.] Se non c'e' una mobilitazione nazionale, la questione non si risolve".
Un analisi che assomiglia molto a quella che facevano i Paesi produttori di droghe che si appellavano a quelli consumatori, perche' la soluzione arrivasse da loro. Se voi smettete di consumare stupefacenti, noi e i nostri poveri contadini smetteremo di produrne, si sosteneva. Poi si e' scoperto che anche i Paesi consumatori erano in grado di produrre e perfino di inventare nuove droghe come quelle sintetiche e fatte in casa -o nei laboratori in garage- e addirittura di esportarle. Oggi siamo di fronte a fenomeni come quello che in Colombia arrivano pasticche fatte in Olanda, utilizzando cosi' una rotta del narcotraffico, ma all'inverso. La scoperta piu' inquietante che si sono trovati davanti coloro che sostenevano "smettete di consumare, che noi risolveremo il nostro problema di produzione", e' stato quello di vedere che anche i Paesi piu' poveri consumavano droga. Basta un solo dato a sottolineare l'evidenza: il Brasile e' secondo solo agli Stati Uniti nel consumo di cocaina a livello mondiale.
Ecco perche' l'analisi di Cardoso non ci convince e parafrasando il titolo della vecchia telenovela "anche i ricchi piangono", potremmo dire che "anche i poveri fanno uso di cocaina".

Ci convince di piu' l'analisi apparsa su Midia Sem Mascara di Rodrigo C. dos Santos, che parla di una vera e propria guerra civile che, trascinando nel panico gli abitanti della piu' grossa favela, e mobilitando centinaia di poliziotti per una disputa per la leadership nel traffico di droghe a Rocinha, analizza la "possibilita' della legalizzazione delle droghe. Comprendo i rischi collegati a questa misura, ma questi devono essere soppesati rispetto ai benefici. Qualcuno sente forse parlare di una guerra tra la famiglia Schincariol (ndr: produttori di birra, come anche le altre aziende citate dopo) e gli azionisti della Ambev? Qualcuno ha visto una disputa armata tra i soci di diverse imprese di bevande alcoliche, o di sigarette? Ricordiamo invece che negli anni 20, negli Stati Uniti, il Proibizionismo aveva prodotto criminalita' e banditi come Al Capone, mentre oggi vediamo le varie aziende che competono in maniera decente creando posti di lavoro e tasse, come la Coors e la Anheuser Buch. Fino a che ci sara' domanda, esistera' l'offerta. La proibizione legale comportera' la violenza e la criminalita', attraverso il mercato nero. L'argomento necessita di essere discusso con maggiore serieta', lasciando da parte l'ipocrisia moralista. Nel frattempo, la questione piu' rilevante e' che il Governo dovrebbe far rispettare la legge; in fondo, la vendita delle droghe esiste in tutti i Paesi, ma non per questo in Europa o negli Stati Uniti, per esempio, sono in corso guerre come questa".

Una risposta a quest'ultima considerazione sembra arrivare da un articolo-denuncia di Sergio Torres, pubblicato sul quotidiano Folha de S.Paulo: "La Polizia Militare di Rio de Janeiro convive con i punti di vendita delle droghe". "Nelle piu' importanti favelas di Rio de Janeiro, dotate di posti della Polizia Militare, la vendita di droghe avviene in punti fissi, le cosiddette "bocas", senza che i poliziotti che lavorano in quelle comunita' facciano qualcosa per reprimerla. Una specie di politica di non-aggressione sottoscritta tra trafficanti di droghe e poliziotti militari risulta evidente quando c'e' una piccola distanza tra le "bocas" e i PPCs (Posti di Polizia Comunitaria). Gli esempi sono molteplici. Il piu' recente e' quello della favela Rocinha (zona sud di Rio de Janeiro), in cui la guerra del traffico, ancora in corso, ha avuto ripercussioni anche all'estero. [.] La Rocinha ha due Posti di Polizia. Intorno, nel raggio di un chilometro, ci sono in funzione cinque "bocas" in cui viene venduta la cocaina e la marijuana della favela". Torres poi spiega che una "boca" "non e' un immobile. E' un luogo a cielo aperto in cui trafficanti ben armati vendono la loro mercanzia. Il movimento e' intenso. Molti clienti consumano droga nel posto, bevono, amoreggiano e fanno conversazione. [.] Nella favela tutti sanno dove e' la "boca", che si dissolve solo a seguito di una invasione in grande stile della polizia, come sta avvenendo ora a Rocinha". Nell'articolo vengono descritti questi punti di spaccio, alcuni distanti solo un centinaio di metri dai posti di polizia, dove i militari (mediamente cinque o sei) passano la giornata a fare poco e nulla, visto che non godono di troppa fiducia e stima da parte degli abitanti. In piu' ci sono le "feirão", delle vere e proprie aste pubbliche, dei mercati in cui la merce che viene venduta con le urla dei narcos e' sempre cocaina e marijuana. Il quotidiano, ha cercato di sentire i poliziotti che lavorano in queste stazioni, tutti hanno detto che non potevano rilasciare interviste. "Uno di loro, che ha chiesto di rimanere anonimo, ha raccontato che le "bocas" non vengono represse perche' i poliziotti dei PPCs si sentono vulnerabili, dato che sono, dentro la favela, in numero minore rispetto ai trafficanti". Inutile dire che il responsabile della Polizia di Rocinha ha smentito il quotidiano sostenendo che non esistono dei punti fissi di rivendita della droga, e che comunque lo spaccio non avviene mai sotto il naso dei poliziotti. Ma il tenente colonnello Jorge Braga ha ammesso che il numero dei poliziotti rispetto agli abitanti non e' quello ideale.

A conferma di una situazione sbilanciata che drammaticamente va a colpire solo dove e' possibile, aggiungendo ulteriori danni e senza risolvere la questione criminale, arrivano i dati realizzati in base alle statistiche ufficiali della Segreteria alla Sicurezza dal deputato statale del Partito dei Lavoratori Carlos Minc: dal 1999 al 2003 sono stati 20.035 gli arresti per detenzione o uso di droghe, rispetto ai 14.844 per spaccio e traffico (26% meno).
E questo mentre il narcotraffico continua ad essere "tranquillamente" tele-radio-comandato direttamente dai penitenziari di massima sicurezza.
 
 
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