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America Latina. Oppenheimer e i fallimenti della guerra Usa alla droga
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Articolo di Donatella Poretti
8 luglio 2002 18:43
 
"Il rapporto Oppenheimer", la rubrica del Premio Pulitzer 1987, Andres Oppenheimer, pubblicata ogni settimana su "The Miami Herald" e in diversi quotidiani dell'America Latina, analizza il successo elettorale del leader cocalero Evo Morales in Bolivia, mettendolo in relazione con altre sconfitte della politica antidroga statunitense.
"Trionfi cocaleri"
Mentre l'attenzione di Washington e' concentrata nella lotta contro il terrorismo, il Governo di George W. Bush sta perdendo una battaglia dietro l'altra nella sua guerra contro le droghe.
La settimana passata, grazie ad avvenimenti senza relazione, e che sarebbero stati la notizia del giorno degli Usa prima degli attacchi terroristici dell'11 settembre, la guerra antidroga di Bush ha sofferto serie sconfitte in Bolivia, Peru' e Colombia, i tre Paesi che insieme producono la quasi totalita' della coca consumata nel mondo.
In Bolivia, probabilmente stiamo assistendo alla maggiore vittoria politica mai ottenuta dai cocaleros in tutto il mondo. Il candidato dei produttori di coca, Evo Morales, un esponente dell'estrema sinistra che nel suo discorso di chiusura della campagna elettorale aveva promesso di sfrattare l'Agenzia di Lotta Antidroga statunitense, la Dea, dal suo Paese se fosse arrivato alla presidenza, e' stato molto vicino a vincere le elezioni, ed ha conquistato il secondo gruppo tra i legislatori nel Congresso.
Morales avra' un gruppo chiave nell'assemblea legislativa, e guidera' i militanti della sinistra che periodicamente paralizzano le strade nel Paese. Chiunque verra' eletto presidente -la Costituzione boliviana prevede che se nessuno dei candidati ottiene il 50% piu' uno dei voti, il Congresso sceglie tra i due piu' votati- avra' bisogno di stabilire accordi minimi con Morales, e questo potrebbe comportare la revisione dei programmi antidroga in Bolivia.
"Il prossimo Governo sara' abbastanza debole, e dovra' fare una marcia indietro nella lotta antidroga che la Bolivia ha portato avanti negli ultimi anni", ha detto Eduardo Gamarra, direttore del Centro per l'America Latina e i Caraibi dell'Universita' Internazionale della Florida. "C'e' una nuova coalizione di gruppi di sinistra, indigeni e produttori di coca che avra' un peso importante nelle scelte politiche".

In Peru', il Governo ha sospeso parzialmente il programma di eradicazioni delle coltivazioni di coca finanziato dagli Usa. La scorsa settimana, il Miami Herald ha rivelato che il Governo peruviano ha interrotto silenziosamente l'eradicazione forzosa della coca e lo sviluppo dei programmi delle semine alternative nell'Alto Huallaga e nella valle dell'Apurimac, dopo la minaccia dei campesinos cocaleros di assaltare diverse citta'.
Il Governo peruviano dice che la politica antidroga del presidente Alejandro Toledo non e' cambiata, e che i programmi sospesi, saranno ripresi molto presto, subito dopo una loro "ristrutturazione". La mia interpretazione personale di cio' che sta dicendo il Governo peruviano e' che, se gli Stati Uniti non mettono piu' denaro, i programmi antidroga finanziati da Washington resteranno nel limbo, fino a nuovo avviso.

In Colombia (il Paese maggior produttore di coca al mondo), Carlos Gustavo Cano, nominato come possibile prossimo ministro dell'Agricoltura dal presidente eletto Alvaro Uribe, in una conferenza della settima passata ha detto che il nuovo Governo fumighera' solamente le coltivazioni industriali della coca, ovvero, quelle che eccedono i tre ettari.
Il Governo di Bush sostiene la fumigazione aerea di tutte le coltivazioni di coca.
"Non c'e' dubbio che tutto questo dara' uno stop alla politica antidroga degli Stati Uniti", sostiene Francisco Thoumi, un professore in visita all'Universita' Internazionale della Florida. "Si potrebbe dire che si sta perdendo la guerra antidroga, ma la realta' e' che non si e' mai vinta".
E' un fatto che mentre la Casa Bianca e la Dea celebrano vittorie parziali, e ci confondono con una valanga di statistiche contraddittorie, dopo venti anni e 20 mila milioni di dollari dall'inizio della guerra alla droga, siamo al punto di partenza.
E' certo che le coltivazioni di coca in Peru' sono diminuite, dai 115 mila ettari del 1995 ai 32 mila ettari di oggi, che le coltivazioni boliviane sono calate dai 48 mila ettari del 1996 ai 14.600 di oggi. Ma in Colombia le semine si sono quintuplicate fino ad arrivare, nello stesso lasso di tempo, a 150 mila ettari. In altre parole, la produzione di coca e' la stessa di sempre, e abbiamo solo ottenuto che passasse da un Paese ad un altro.
Che impatto avranno gli ultimi avvenimenti in Peru' e in Bolivia sulla guerra antidroga di Bush?
"Sono arretramenti, ma non direi che sono arretramenti gravi", mi ha detto Al Matano, uno dei piu' alti funzionari antidroga del Dipartimento di Stato Usa. "In Bolivia e in Peru' si e' raggiunta una drastica diminuzione delle coltivazioni di coca. Non credo che torneranno al livello degli anni 80, quando erano i maggiori produttori del mondo. Si sono fatti degli investimenti in questo ambito, che non vorranno perdere".
Puo' essere. Pero', chissa', che il motivo di ottimismo non sia un altro. Se gli ultimi eventi in Peru', Bolivia e Colombia servissero per convincere il Governo di Bush a concentrarsi di piu' nel ridurre il consumo di droghe negli Stati Uniti, che poi e' la chiave di tutto il problema, questi "fallimenti" della guerra antidroga potrebbero essere la miglior cosa che potrebbe essere accaduta."
 
 
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