testata ADUC
 AMERICHE - AMERICHE - Guerra alla droga e migranti. Ministro Estero Messico a Usa: non è nostra responsabilità
Scarica e stampa il PDF
Notizia 
2 giugno 2019 12:59
 
Il Messico non e' responsabile del flusso di migranti centroamericani verso il nord del continente, ne' dell'elevato consumo di droghe negli Stati Uniti. Lo ha detto il ministro degli Esteri Messicano Marcelo Ebrard Casaubond nel pieno della polemica nata con la decisione della Casa Bianca di varare nuove daz per costringere il paese a interrompere il flusso di migranti. "Il Messico p il principale socio commerciale degli Stati Uniti. Cio' che ricevono dal nostro paese sono beni e servizi essenziali, produttivita'", ha scritto Ebrard in un messaggio pubblicato sul proprio profilo Twitter. "Il flusso migratorio dall'America centrale e altri paesi o l'elevato consumo di stupefacenti non sono responsabliita' del Messico", ha aggiunto il ministro, atteso ieri a Washington proprio per affrontare la questione.
 L'annuncio di nuovi dazi Usa, ultimo passaggio di una lunga polemica contro "l'emergenza nazionale" dei migranti, arrivava nella serata di giovedi' 30. Nella giornata di oggi, Trump tornava a riaccendere la polemica invitando il Messico a "riprendere" ai "signori della droga" e ai cartelli del narcotraffico "il controllo" del paese, mettendo fine al flusso di criminalita' che devasta gli Stati Uniti. Il "90 per cento delle droghe che entra negli Stati Uniti arriva dal Messico e dalla nostra frontiera sud", ha scritto Trump secondo cui il fenomeno ha portato lo scorso anno a "80.000 persone morte e 1.000.000 persone in rovina". Una situazione "portata avanti per molti anni" senza che "sia stato fatto nulla. Abbiamo un deficit commerciale con il Messico di 100 miliardi di dollari. E' il momento", ha scritto Trump.
Il presidente Usa aveva annunciato la nuova tornata di dazi proprio come misura per costringere il Messico a risolvere il problema dei migranti, da tempo definito una "emergenza nazionale" dalla Casa Bianca. Dazi che verranno fatti scattare nella misura del 5 per cento dal 10 giugno e potranno aumentare mensilmente in modo progressivo fino al 25 per cento. "Pur di non pagare i dazi, quando inizieranno a salire, le aziende statunitensi lasceranno il Messico, che si e' preso il 30 per cento della nostra produzione automobilistica, e torneranno a casa negli Stati Uniti", ha aggiunto Trump. 
Trump aveva detto che "la cooperazione passiva del Messico nel permettere questa incursione massiccia costituisce una emergenza e una minaccia straordinaria per la sicurezza nazionale e l'economia degli Stati Uniti". Le barriere doganali rimarranno fino a quando non verra' fermato il flusso di migranti illegali in transito per il Messico. E potranno aumentare gradualmente "fino a quando non si risolva il problema della migrazione illegale", un dato che Washington si riserva di certificare a "sua esclusiva discrezione e criterio". "Le tariffe si manterranno al livello del 25 per cento fino a quando il Messico non avra' fermato in modo sostanziale l'entrata illegale di stranieri", ha precisato Trump secondo cui "lo stato attuale delle cose profondamente ingiusto per il contribuente Usa, che si sobbarca dello straordinario costo finanziario imposto dall'immigrazione illegale a grande scala. Ancor peggiore e' la terribile e prevenibile perdita delle vite umane. Alcune delle bande piu' sanguinarie e criminali del pianeta operano al di la' della nostra frontiera e terrorizzano le comunita' innocenti".
Poco dopo l'annuncio della Casa Bianca, il presidente Messicano rispondeva invitando la controparte a un incontro a risolvere il problema attraverso il dialogo e non con "misure coercitive". "Cittadino presidente, le propongo di approfondire il dialogo, cercare alternative di fondo al problema migratorio", ha scritto Lopez Obrador in una lettera diffusa sui media. "Per favore, ricordi che non mi manca il coraggio, non sono un vigliacco ne' un timorato, ma una persona che agisce secondo i principi: credo nella politica che, tra le altre cose, e' stata inventata per evitare lo scontro e la guerra", ha aggiunto Amlo. Il presidente Messicano ha quindi ammonito la Casa Bianca sull'utilita' di procedere a colpi di sanzioni, soprattutto su questioni cosi' delicate e complesse. "Non credo nella legge del taglione, 'nell'occhio per occhio, dente per dente'", una strada che ci trasformerebbe "tutti in sdentati o guerci", ha detto Lopez Obrador offrendo l'apertura di un dialogo che parta dalla consapevolezza che "gli esseri umani non lasciano le loro abitazioni per piacere ma per necessita'".
Il nuovo braccio di ferro interviene nel momento in cui il Messico, approfittando della crisi commerciale tra Usa e Cina, era diventato il principale partner del paese vicino. Cifre del ministero dell'Economia riportate dal quotidiano "El Universal" segnalano che il maggior capitolo delle vendite Messicane agli Usa e' rappresentato dai veicoli leggeri, per un valore che nel 2018 ha toccato quota 30 miliardi di dollari. Seguono computer e altre apparecchiature digitali, con un valore di export pari a 20 miliardi di dollari. In terza posizione ci sono i veicoli per il trasporto merci, 10 miliardi di dollari, seguiti dai trattori con 9 miliardi di dollari e dagli schermi televisivi, 8 miliardi di dollari. 
Le amministrazioni statunitense e Messicana sono in realta' da tempo in contatto sul tema migratorio. Il 23 maggio Ebrard si era recato a Washington per discutere del dossier con il sottosegretario di stato Usa, John Sullivan. Il Messicon all'occasione aveva consegnato la sintesi in inglese della strategia del governo del presidente Lopez Obrador per contrastare la migrazione irregolare proveniente dai paesi del cosiddetto "triangolo nord", Guatemala, El Salvador, Honduras. L'idea di fondo e' quella di investire in programmi di sviluppo per ridurre diseguaglianze sociali, causa di violenze e dei tentativi di ricerca di opportunita' al nord del continente americano.
E a meta' mese le autorita' migratorie Messicane hanno peraltro fornito dati che descrivono in netto calo il numero di stranieri che riescono ad entrare nel paese per tentare, di conseguenza, l'avventura a nord. Da dicembre 2018 a marzo 2019, i primi quattro mesi del governo di Lopez Obrador, e' raddoppiato il numero di stranieri presentati all'Istituto nazionale migratorio in Messico (Inm), ma e' anche aumentato del 60 per cento il numero di persone fatte rimpatriare tramite accompagnamento o espulsione. Con l'aumento del numero di migranti che hanno bussato alle porte dell'Inm - dai 6.637 di dicembre ai 12.887 di marzo - sono lievitati anche i procedimenti di rimpatrio, dai 5.717 casi di fine 2018 ai 9.120 di marzo. Dei 28.331 stranieri rimpatriati, solo 645 sono stati espulsi, il resto e' tornato in patri tramite un programma di rientro assistito. 
 L'annuncio si produce pochi giorni dopo che gli Usa avevano annunciato l'accordo che avrebbe portato alla caduta di dazi imposti nel 2018 ai prodotti di acciaio e alluminio provenienti da Messico e Canada. Un passaggio che i partner regionali salutavano con soddisfazione facendo a loro volta cadere le contromisure commerciali varate nel tempo. Il nuovo passaggio sembrava mettere in discesa l'attesa ratifica dell'Usmca (United States-Mexico-Canada Agreement), il nuovo trattato commerciale dei paesi nordamericani in sostituzione del vecchio Nafta. Il testo veniva in settimana depositato ai parlamenti di Messico e Canada, mentre il governo statunitense faceva pressioni al Congresso per un sollecito via libera.
(agenzia stampa Nova)
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS