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Le miserie della poderosa multinazionale del narcotraffico
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Articolo di Redazione
1 luglio 2018 12:49
 
 Agenti specializzati delle brigate antidroga documentano uno degli ultimi episodi che hanno caratterizzato la battaglia senza fine contro la droga in una delle più grandi cause giudiziarie sui corrieri della Galizia (Spagna) che si è tenuta a maggio presso il Tribunale di Pontevedra. A parte i dettagli aneddotici che documentano i soliti assalti alle navi della Geos and Customs Enforcement che cercano di facilitare gli sbarchi di cocaina, gli agenti hanno testimoniato sulle condizioni precarie in cui hanno trovato l'equipaggio di un peschereccio del Venezuela, Coral I, che trasportava 1245 chili di droghe nelle sue stive, per un valore di 60 milioni di euro.
Quando sono saliti sulla nave che andava alla deriva, la polizia è rimasta sorpresa nel verificare le condizioni fisiche dei nove marinai che erano a bordo. Erano al limite di sopravvivenza, senza cibo, né carburante, e con sistemi di navigazione e comunicazione completamente rudimentali. "Non avevano cibo e non potevano muoversi, usavano solo una radio, un GPS, una bussola magnetica e il timone", ha detto un agente.
Nelle ultime comunicazioni dalla neve con la cocaina, il capitano aveva chiesto che urgentemente gli fosse mandato del carburante, si’ da poter continuare il viaggio verso i punti concordati con i complici galiziani dei narcos che avrebbero dovuto scaricare la nave. Ma nell'ultima fase della navigazione non è stato possibile avere questi rifornimenti perché il battello della organizzazione di Rafael Bugallo, El Mulo, ha avuto problemi di comunicazione in quanto la polizia era riuscita ad intercettare il carico. L'equipaggio dovrà scontare una pena di 19 anni di carcere e una multa di 420 milioni di euro ciascuno.
Il business della cocaina agisce come una potente multinazionale, dai primi anni settanta dello scorso secolo, il suo traffico ha scatenato una guerra senza fine tra i produttori e distributori in cui i narcos escogitano sempre nuove strategie per proteggere il loro business miliardario.
In questa storia relativamente recente, i potenti capi dei cartelli continuano a dare battaglia a spese dei due pilastri fondamentali del narcotraffico: i cocaleros e gli equipaggi delle navi, che vengono pagati con infime percentuali rispetto al valore di quanto trattano. I primi per raccolta di tonnellate di foglia di coca, e gli altri per assumersi l'enorme rischio di trasportare l’oro bianco su battelli sgangherati.
Abbandonati al loro destino e al rischio di finire in una cella per molti anni, questi marinai navigano in condizioni subumane, in cambio di importi che variano tra i sei e i dodici mila euro per il trasporto da un carico dall’altra parte dell’oceano Atlantico, un carico che frutterà ai narcos centinaia di milioni di euro. La scorta armata di questi battelli moltiplicherà almeno per sei il prezzo originario di questi carichi non appena toccano il suolo europeo.
Da quando queste imbarcazioni hanno cominciato ad essere bloccate in mare con il loro carico di cocaina diretto in Galizia, poco o nulla è cambiato nelle condizioni di questi equipaggi multietnici. In un primo momento, essendo i capi dei narcos galiziani a commissionare le spedizioni, sono stati gli stessi ad essere responsabili per la distribuzione, inviando i loro equipaggi nei porti in Sud America, quasi sempre Panama, viaggiando con tutti i comfort e con dei notevoli premi legati al valore dei carichi. Ma i cartelli alla fine si sono fusi con il business, ed hanno inviato spedizioni più redditizie, lasciando ai galiziani una piccola percentuale per poter usare il loro territorio.
La cattura della nave pirata Bongo, nel luglio 1991, con 2.000 chili di cocaina del cartello di Medellin - un record a quel tempo – è stato forse il più drammatico episodio di avidità dei narcos. Il suo equipaggio di dieci marinai (nove colombiani e un peruviano) sono stati anche malnutriti, al momento dello sbarco della merce, sono stati anche costretti a tuffarsi in mare insieme alle balle di cocaina, dopo un mese di viaggio estenuante. La polizia trovò a bordo tutti gli strumenti che indicavano che durante il viaggio avevano fatto uso di cocaina. Il capitano Augusto Pinto della dogana, fece anche un commovente racconto delle "condizioni subumane" in cui quei marinai avevano fatto l’ultima tappa del viaggio. Il capitano rimase anche sorpreso dalla scarsa sicurezza della imbarcazione cargo. Una nave senza bandiera, che per dieci giorni navigò con il motore in avaria, nella speranza di un contatto con la Colombia che potesse aiutarli.

(articolo di Elisa Lois, pubblicato sul quotidiano El Pais, del 01/07/2018)
 
 
 
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