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Lotta alla droga in Messico. Cartello senza cartello
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Articolo di Redazione
24 luglio 2017 17:46
 
 “Se guardi la guerra contro le droghe da un punto di vista puramente economico, l’impegno del governo e’ quello di proteggere il cartello delle droghe”. - Milton Friedman

Il capo di governo di Citta’ del Messico dice che e’ chiaro. L’organizzazione criminale che e’ guidata da El Ojos de Tlàhuac, Felipe de Jesùs Pérez Luna, era ampia, violenta, di copertura e aveva superato la delegazione di Tlàhuac”, pero’ non aveva “nessuna struttura di quelle che vengono chiamate cartelli”. In ogni caso, secondo Miguel Angel Mancera, questa “e’ una classificazione che corrisponde solo al governo federale, una classificazione che chi la puo’ avere e’ chi determina la Costituzione, che’ e’ l’unico competente in questo ambito”.
La Costituzione, in realta’, non da’ al governo la facolta’ di definire un “cartello” (l’Accademia Reale preferisce la forma acuta, quindi “cartello” e’ accettabile). Il termine significava originariamente “un accordo tra imprese simili per evitare la concorrenza reciproca e regolamentare la produzione, vendita e prezzi in determinati campi industriali”. Un’organizzazione come la OPEP, per esempio, e’ un cartello perche’ pretende di mantenere prezzi alti attraverso restrizioni artificiali sull’offerta.
Il termine spagnolo viene dall’inglese, che a sua volta lo ha preso dal tedesco Kartell. Il primo uso registrato e’ del parlamentare liberale tedesco Eugen Richter, che lo uso’ nel 1879 per denunciare un accordo monopolista tra produttori metallurgici.
La parola comincio' ad essere usata negli anni Ottanta per indicare organizzazioni di narcotraffico quando queste aveva fatto fra di loro accordi monopolisti. Questo fu il caso del cartello di Medellin del colombiano Pablo Escobar, che fece accordi con rivali come Gonzalo Rodriguez Gacha, Carlos Lehdery e Jorge Luis Ochoa per controlalre l’80% del mercato mondiale della cocaina. In Messico, il cartello di Gaudalajara era un’associazione di Miguel Angel Felix Gallardo, Ernesto Fonseca Carrillo e Rafael Caro Quintero, tra gli altri, che fece un accordo con il cartello di Medellin per dominare buona parte del traffico di droghe che passava dal Messico per gli Stati Uniti.
Questi cartelli oggi non esistono. La guerra contro le droghe ha avuto successo con il suo proposito di uccidere o incarcerare i suoi leader e smembrare i monopoli. Il successo ha generato un mercato piu’ aperto, dinamico e violento in cui decine di organizzazioni si contendono le vendite nazionali ed internazionali di droga e si mescolano in altre attivita’ come il sequestro. Quizà Mancera ha ragione nel dire che il “cartello di Tlàhuac” non e’ un cartello, ma invece lo sono quelli di Juarez, Tijuana, Sinaloa, Beltran Leyva, Los Rojos, i Geurreros Unidos, La Familla o i Los Zetas, tutte organizzazioni che oggi si disputano un mercato competitivo e frammentato.
Nessuno dubita della rilevanza del gruppo di El Ojos. Non solo controllava il gran mercato delle droghe di Ciudad Universitaria, ma aveva presenza in tutto l’est della zona metropolitana. Sembra che maneggiasse in posizione dominante le vendite di droga in Europa, e questo lo collocava dentro la definizione di cartello che usa il capo del governo in contrasto con narcomenudista.
Cartello o no, il risultato che ha portato all’uccisione di Perez Luna, terminera’ come una maledizione per i cittadini. Quando una banda che controlla un territorio e’ decapitata, si genera violenza. Questa lezione l’hanno sofferta i cittadini per l'ennesima volta. Smembrare un cartello non fa che sminuire la domanda, fino a quando scoppiano guerre fra gruppi che vogliono occupare il proprio posto.

(Articolo di Sergio Sarmiento, pubblicato su mural.com del 24/07/2017)
 
 
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