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Guerra alla droga. Il vero capo del cartello di Sinaloa non era ‘El Chapo’ ma ‘El Mayo’
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Articolo di Redazione
7 giugno 2020 18:52
 
 Le recenti dichiarazioni dell'ex ambasciatore degli Stati Uniti in Messico, Roberta Jacobson, sul caso dell'ex segretario della pubblica sicurezza Genaro García Luna e dell'ex presidente Felipe Calderón, e dei loro legami con il crimine organizzato, hanno riportato Ismael "El Mayo" Zambada e il potere del cartello Sinaloa all'ordine del giorno.
"Il governo di Felipe Calderón aveva informazioni sui legami di Genaro García Luna con il traffico di droga quando era capo del Ministero della Pubblica Sicurezza", secondo il settimanale Proceso, che riporta la testimonianza di Jacobson.
Anche se, dopo quanto pubblicato su Proceso, l'ambasciatrice ha chiarito ciò che ha detto attraverso il suo account Twitter ed ha scritto: "Non ho mai visto alcuna informazione specifica sulla sua partecipazione al traffico di droga". In precedenza, la giornalista specializzata in questioni del crimine organizzato, Anabel Hernández, con le sue inchieste ha rivelato i dati che confermano quanto riferisce Jacobson.

"Le informazioni, di cui ho anche avuto conferma, sono che il signor Felipe Calderón lo sapeva; c'era qualcuno del suo gabinetto che aveva avvertito direttamente i trafficanti di droga che sarebbero stati estradati negli Stati Uniti o che sarebbero stati arrestati in Messico durante il suo Governo, informazioni che dettagliavano le relazioni che il sig. Genaro García Luna intratteneva con "El Chapo" [Joaquín Guzmán Loera], con "El Mayo" Zambada [Ismael Zambada García], con il cartello Sinaloa, e che il presidente della Repubblica preferì non fare nulla", ha dichiarato Hernández nell'intervista sul programma La Octava.

"Ho scritto il libro "I complici del presidente", proprio sul rapporto di complicità conFelipe Calderón, che a quel tempo era presidente della Repubblica, e in seguito ho scritto il libro “Los señor del narco”, che tra l'altro mi è costato che quest'uomo, Genaro García Luna, quando era molto potente, il più potente segretario di stato di quei tempi e il poliziotto più potente di quei tempi, aveva assoldato persone per assassinarmi. Circostanza confermata da agenti dal governo degli Stati Uniti pochi mesi prima che Genaro García Luna fosse arrestato nel dicembre dello scorso anno", ha spiegato la giornalista.

Nel suo libro più recente, "El Traidor", che ha presentato l'anno scorso, Hernández rivela passaggi del traffico di droga messicanache siriferiscono proprio a questi episodi. Sul libro si riporta che la giornalista ha iniziato le sue indagini nel 2011, quando Fernando Gaxiola, l'avvocato di Vicente Zambada Niebla, alias "El Vicentillo", la contattò per ordine del suo cliente e consegnarle documenti e informazioni che avrebbero chiarito alcuni fatti che aveva già riportato nel libro "Los Señores del Narco".
Tra i documenti a cui ha avuto accesso c’è la corrispondenza di Vicentillo durante i negoziati per collaborare con il governo degli Stati Uniti, che fino ad ora erano segreti.

"Tutto è passato attraverso "El Mayo", non da "El Chapo" Guzmán ... E’ lui che decideva chi sarebbe vissuto e chi sarebbe morto", anche questo a conferma di quanto riportato nella sua precedente pubblicazione "Los Señores del narco".

Ma chi era il personaggio che ha aiutato Ismael "El Mayo" Zambada nei suoi esordi e lo ha introdotto nel mondo del traffico di droga? Questo è anche uno dei miti e degli episodi rivelati da Anabel Hernández.
"Quello che lo presenta per davvero nel mondo della droga è un cubano, Antonio Cruz", ha detto durante l'intervista con Infobae México, nell'articolo della presentazione del suo libro "El Traidor".
"Antonio Cruz che non è praticamente nessuno in Messico, ha sposato la sorella di "El Mayo". Suo cognato era un grande trafficante di eroina, e prima era un poliziotto cubano nel regime di Fidel Castro, emigrato poi a Miami per cercare di diventare un grande trafficante di droga negli Stati Uniti. Viene arrestato e poi emigra in Messico, incontra la sorella di Zambada quando Vicente Zambada e sua famiglia erano in totale povertà. Era il periodo in cui El Mayo Zambada sostituiva le gomme dei camion che circolavano in uno zuccherificio nelle vicinanze di Culiacán. E mentre non aveva mezzi per sostenere la sua famiglia, fu allora che questo cubano arrivò a cambiare la vita della famiglia Zambada".

Hernández sottolinea che questa storia non era conosciuta. E c’è riuscita grazie a Vicentillo, confermando poi il tutto con le sue indagini.
La storia risale agli anni '70, quando suo cognato, Antonio Cruz, era un grande trafficante di droga a Los Angeles, e trafficava a Las Vegas e in altre città degli Stati Uniti. Ma poi fu arrestato nel 1977 ed è lì, quando, per la prima volta, il nome di Zambada appare nei casellari giudiziari negli Stati Uniti.

“Stiamo parlando degli anni '70, e a quel tempo divenne “El Mayo” un grande trafficante di droga a Los Angeles, operando per conto del suo cognato cubano, che era un grande spacciatore di droga a Las Vegas e in altre città. Da Los Angeles aprì un corridoio con Tijuana, usandolo per garantire la droga a suo cognato. Dopo che Antonio Cruz, nel 1977, finisce in prigione, è allora che il nome Zambada compare per la prima volta nei casellari giudiziari degli Stati Uniti."

"Poi si trasferì a Tijuana e continuò a lungo viaggiando tra Tijuana e Los Angeles. E da quel momento entrò in affari coi fratelli Arellano Félix. Ma presto cominciarono a farsi guerra tra di loro, sostenendo che Zambada non era più il capo e attentarono contro la vita di suo figlio nel 1991. È lì che "El Mayo decide di stabilire il suo impero a Culiacán".

Hernández afferma che il vero capo dei capi dei trafficanti di droga messicani è Ismael "El Mayo" Zambada. E spiega come sia stato coinvolto nel traffico di droga per decenni senza essere arrestato o ucciso; evidenza che si riscontra nel rapporto gerarchico che aveva con "El Chapo" o addirittura, Amado Carrillo Fuentes, alias "El Señor de los Cielos".

"Il capo dei capi è stato "El Mayo" Zambada, il numero uno, sopravvissuto a 50 anni di criminalità organizzata. Secondo Vicente Zambada Niebla, il suo partner Amado Carrillo Fuentes, quando era già il grande "Il signore dei cieli", doveva consultarsi con "El Mayo". Amado era un uomo che rendeva omaggio a "El Mayo", ed era anche un uomo che minacciava i fratelli Arellano Félix dicendo loro "che non li supportava nella loro guerra contro “El Mayo”, ché per lui, "El Mayo" era al di sopra di tutto."

"E quando Amado Carrillo Fuentes è morto durante un intervento di chirurgia plastica, la situazione è diventata più evidente. Suo fratello, Vicente Carrillo, chiama "El Mayo" il padrino, e impartisce ordini a Vicente Carrillo Fuentes. Dà ordini anche a “El Chapo” Guzmán, che non era autonomo quando doveva prendere decisioni importanti, dovendo sempre chiedere il permesso a "El Mayo".
Joaquín Guzmán non fu mai il capo del cartello di Sinaloa
Anabel spiega nel suo libro "Los Señores del Narco", che Guzmán Loera non era il capo del cartello di Sinaloa. E spiega come fosse incredibile che "El Chapo", per il suo livello culturale molto basso, e per la sua personalità, che il governo lo incolpasse di essere il grande capo che dicevano.

(articolo di Patricia Juárez, pubblicato su Infobae del 07/06/2020)
 
 
 
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