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 AFGHANISTAN - AFGHANISTAN - Oppio, diminuisce la produzione ma aumenta il prezzo
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Notizia 
7 giugno 2010 18:05
 
Il raccolto del papavero da oppio in Afghanistan ha subito un calo del 30% rispetto allo scorso anno, passando da oltre 6mila tonnellate a circa 4mila tonnellate. Un risultato che non e' stato ottenuto grazie agli sforzi della Nato e del governo afghano, ma a causa di un batterio che ha colpito i circa 130mila ettari di coltivazioni. Una situazione, spiega all'ADNKRONOS Antonio Maria Costa, direttore dell'Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), che ha portato a un aumento dei prezzi fino al 40% e ad un atteggiamento ostile dei contadini afghani nei confronti delle truppe Nato, accusate dagli insorti di aver diffuso la malattia.
"Due mesi fa -spiega Costa- abbiamo diffuso un Rapporto preliminare che stimava per quest'anno un'area coltivata di circa 130mila ettari, sempre incentrati nel Sud del Paese, con una produzione analoga a quella del 2009, di circa 6mila tonnellate di oppio. Nel frattempo, abbiamo riscontrato la diffusione di questa malattia, che potrebbe abbassare la produzione del 20-30%, portandola a circa 4mila tonnellate".
Questo, sottolinea Costa, "ha gia' fatto lievitare i prezzi in maniera molto significativa", con aumenti, "gia' manifestati del 30-40%". Ma la "complicazione" principale arriva da una rinnovata ostilita' dei contadini afghani nei confronti delle forze della coalizione internazionale: "quello che noi abbiamo verificato e toccato con mano -dice Costa- e' che i contadini pensano che la malattia sia stata diffusa dagli stranieri e dalle forze Nato, un'ipotesi che e' stata avanzata dagli insorti e dai ribelli".
Negli ultimi mesi, le forze Usa e della Nato erano state criticate da piu' parti a causa dell'atteggiamento troppo 'morbido' nei confronti dei contadini afghani dediti alla coltivazione del papavero da oppio. Per non provocarne l'ostilita' e concentrarsi sull'offensiva militare contro gli insorti, si era detto, i militari occidentali preferivano 'chiudere un occhio' e, di fatto, rinunciare alla soluzione di uno dei problemi principali del Paese, produttore del 90% dell'oppio mondiale.
Parte degli enormi proventi della produzione dell'oppio, infatti, finanziano le attivita' dei taliban e dei ribelli, oltre a provocare enormi guasti al tessuto sociale del Paese, alimentando la corruzione. "Io non ci credo", dice chiaramente Costa, rispetto all'ipotesi di una responsabilita' della Nato nella diffusione della malattia. "Cui prodest? -si domanda il direttore dell'Unodc- a chi gioverebbe?".
"Certo non alla Nato, perche' i contadini potrebbero essere tentati di passare dalla parte degli insorti. E poi - aggiunge- nessuna delle potenze impegnate in Afghanistan vuole vedere un aumento cosi' significativo del prezzo dell'oppio". Con gli aumenti indotti dal calo della produzione, infatti, la redditivita' per un ettaro di campo coltivato a papavero, sarebbe passata dai circa 5mila dollari dello scorso anno, ai 6.500-7.000 dollari di quest'anno.
Piuttosto, spiega ancora Costa, il batterio, diffuso da un afide tipico della zona, potrebbero essere una conseguenza dello sfruttamento eccessivo a cui sono sottoposti i campi coltivati a papavero da oppio, ormai concentrati soprattutto nelle cinque province meridionali del Paese, in particolare Helmand e Kandahar, dove si produce il 90% di tutto l'oppio afghano e dove, non a caso, piu' intensa e' l'attivita' degli insorti.
Per Costa, l'eradicamento dei campi direttamente da parte delle forze Nato, sarebbe "un errore strategico storico". Questo, sostiene, "e' un esercizio politicamente e socialmente delicato, che deve essere gestito dal governo afghano, attraverso campagne di incentivazione e l'offerta di colture alternative. Io ho sempre chiesto, e la Nato lo sta finalmente facendo da due-tre anni, di concentrarsi sugli obiettivi miltari, cioe' su quelli dell'economia della droga: i centri di stoccaggio, i laboratori, i convogli di traffico".
Quanto all'aumento dei prezzi, che potrebbe portare ulteriori risorse nelle casse dei taliban e degli insorti, secondo Costa, risponde piu' che altro a "un'esigenza emotiva", poiche' "comunque c'e' un eccesso di produzione e gli stock a disposizione dei trafficanti sono stimati in circa 10mila tonnellate di oppio, pari a quasi due anni di produzione". Un fiume di droga che, per una quantita' di circa 87 tonnellate e un valore di 22 miliardi di dollari, si riversa ogni anno anche in Europa, e di cui il 20% finisce, sotto forma di eroina, nelle strade delle citta' italiane. (Adnkronos/Liconti)
 
 
 
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