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 ITALIA - ITALIA - Nessuno Tocchi Caino: non esistono morti naturali in carcere
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Notizia 
23 dicembre 2009 8:59
 
"Quando muore un detenuto in un carcere italiano, non si puo' mai parlare di 'morte naturale'. Al di la' dei presunti suicidi avvolti nel mistero e degli omicidi camuffati da suicidio, infatti, e' sbagliato definire naturale un decesso, se si verifica in un contesto di sovraffollamento che ormai si aggira intorno ai 25mila detenuti". Lo dichiara il segretario di Nessuno tocchi Caino, Sergio D'Elia, ospite a Rainews24. "Le vittime di questa situazione - continuato D'Elia - non sono solo i detenuti, ma tutti i componenti della comunita' penitenziaria: dai direttori, al personale, ai volontari, ognuno vittima della stessa catastrofe e dell'illegalita'. Affacciarsi su questo mondo rappresenta l'occasione migliore per toccare con mano la mancanza di stato di diritto del nostro Paese. Circa la meta' dei 66mila detenuti attualmente reclusi e' in attesa di giudizio e, di questi, la meta' sara' riconosciuta innocente.
Lo scandalo degli 11 milioni di processi pendenti comporta che, tra vittime e presunti autori di reati, un terzo della popolazione italiana oggi sia in attesa in giustizia.
L'Unione Europea condanna ogni anno l'Italia per la lentezza della Giustizia; queste condanne periodiche rendono il nostro Stato, tecnicamente, un delinquente abituale che, se fosse una persona, non avrebbe diritto all'indulto, ne' a sconti di pena. Per tutte queste ragioni abbiamo deciso di tenere il IV congresso di Nessuno tocchi Caino in un carcere, ma la scelta e' caduta sulla casa di reclusione di Padova anche per un motivo di speranza. Li' infatti opera Ristretti Orizzonti, che, oltre a monitorare l'intero universo carcerario italiano, avanza proposte importanti come quelle raccolte nella mozione sulle carcere della deputata radicale Rita Bernardini, che il Parlamento discutera' a gennaio. Si tratta di proposte ragionevoli e di governo che vedono al centro soprattutto l'applicazione delle misure alternative alla detenzione, come previsto dalla legge Gozzini. Il 68 per cento dei detenuti che accede alle pene alternative, infatti, non commette piu' reati; percentuale che invece si abbassa sensibilmente tra coloro che scontano l'intera pena in carcere. Cio' dimostra quanto le misure alternative, come lavorare fuori dall'istituto, contribuiscano al contrasto della recidiva, favorendo al tempo stesso la rieducazione e il reinserimento sociale. Tra le altre proposte, noi Radicali chiediamo anche la depenalizzazione di reati meno gravi, come, ad esempio, alcune fattispecie legate alla droga che coinvolgono un terzo della popolazione carceraria. Reati che non possono essere considerati tali perche' non hanno vittima, ma che Aldo Bianzino e Stefano Cucchi hanno pagato con la 'pena di morte'".
 
 
 
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