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Italia. Lettera aperta di Paolo Jarre, medico delle tossicodipendenze, al fondatore del Gruppo Abele
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Notizia 
14 agosto 2009 16:21
 
Pubblichiamo la lettera aperta pubblicata su Repubblica (Torino, p. ix) che Paolo Jarre, da anni impegnato nel contrasto delle tossicodipendenze e direttore del dipartimento patologia delle dipendenze dell?Asl To3, rivolge a don Ciotti dopo la morte per overdose di un suo assistito.

Carissimo Luigi,
da un po? di tempo a questa parte chi, come me, ha seguito, sin dalla fine degli anni '60, il percorso del Gruppo Abele si trova di fronte ad un pesante interrogativo. Ho pensato - da amico, come ritengo di essere - di scrivertene pubblicamente, come avresti fatto tu in una situazione rovesciata. Anche perché l?interrogativo che ti pongo è di quelli che hanno attraversato il farraginoso dibattito sulle droghe, qui a Torino, negli ultimi anni.
E? stata la morte di Maurizio, 52 anni, alcuni giorni fa, overdose su di una panchina di Torino, poche righe in cronaca, a far si che io rompa gli indugi. E? la morte di una persona che ho accompagnato a lungo, a cavallo tra gli anni '80 ed i primi anni '90; una morte che si va ad aggiungere alla lista della strage che ha insanguinato Torino - nell?indifferenza dei più - tra la fine della primavera e l?inizio dell?estate.
Voglio iniziare tornando parecchio indietro: ricorderai certo meglio di me - era la tua - quella tenda che il Gruppo Abele alla fine degli anni '60 aveva piantato in Piazza Carlo Felice. L?originalità e la forza di quella testimonianza hanno sicuramente pesato 15 anni dopo quando, giovane medico in carriera, scelsi di lavorare con i drogati, tra la disapprovazione e lo sconcerto dei più.
Dopo la "tenda in piazza" il Gruppo Abele e Luigi Ciotti ci hanno spesso preceduto nell?aprire strade, nello sfondare le porte chiuse dall?indifferenza e dal cinismo. Molte volte prima ancora che il Servizio pubblico si organizzasse a fronteggiare le emergenze che il fenomeno "droga" via via proponeva.
Non capitava volta, sino a qualche tempo fa, che andando in giro per l?Italia a parlare del mio lavoro, sentito che venivo da Torino, non mi si dicesse: "beh, bella forza, voi lì a Torino avete il Gruppo Abele!...".
Anche quando a partire dai primi anni '90 si è cominciato a parlare e a praticare la riduzione del danno - ricordo bene le discussioni sull?installazione dei primi scambiatori di siringhe che ti videro tra i primi a favore.
Proprio perché ricordo bene tutto quel che ho brevemente tratteggiato, trovo ora del tutto incomprensibile la tua mancata presa di posizione a favore dei luoghi protetti per il consumo di droghe. C?è l?evidenza scientifica dell?efficacia, c?è la ragionevolezza umana, c?è la dignità della persona da salvaguardare. C?è l?emergenza umanitaria. C?è la tradizione della città da sempre attenta e sensibile ai bisogni degli ultimi.
Contro c?è solo il principio, non c?è l?uomo, la carne, la salute.
Luigi, il tuo silenzio, perdonami, è assordante; quel ragazzo prete della tenda di Piazza Carlo Felice, quella tenda l?avrebbe già piantata a "Tossic Park", piuttosto che nell?aiuola spartitraffico di qualcuno dei nostri corsi.
Luigi, forse Maurizio si sarebbe salvato, tu lo sai bene: forse, invece che sulla panchina, da solo, quella dose l?avrebbe consumata in un luogo civile, anche solo per sentirsi dire: "ciao Maurizio, come stai oggi?".
(* Direttore del dipartimento patologia delle dipendenze dell?Asl To3)
 
 
 
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