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 ITALIA - ITALIA - Un detenuto su tre e' positivo a epatite C
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Notizia 
5 novembre 2013 17:21
 
La salute degli oltre 65 mila detenuti presenti nei 206 istituti di pena italiani e' messa a rischio da due principali problemi: il disagio psichico e le patologie infettive. "Dagli ultimi dati che abbiamo, relativi al 2012, 1 detenuto su 3 e' positivo all'epatite C, la prevalenza dell'Hiv e dell'epatite B e' intorno al 5% (circa 1 detenuto su 20). Mentre a soffrire di disturbi psichici, piu' o meno gravi, e' il 25-30% della popolazione carceraria". E' la fotografia scattata per l'Adnkronos Salute da Roberto Monarca, presidente della Scuola di formazione della Simspe, la Societa' italiana di medicina e sanita' penitenziaria. "Il carcere e' un concentratore di patologie perche' raccoglie e mette insieme popolazioni che arrivano da zone ad elevato rischio patologie infettive (Africa ed Est Europa) con altri soggetti sani - aggiunge Monarca - ecco che si genera una situazione esplosiva dal punto di vista sanitario". Secondo l'esperto, "ci sono situazioni cliniche che non sono compatibili con il regime di detenzione: ad esempio la dialisi, le patologie oncologiche, i trapiantati, ma anche i disturbi alimentari - osserva - e il magistrato, dopo aver visionato la valutazione del medico, decide in base alla pericolosita' del soggetto le possibili alternative: arresti domiciliati, reparti ospedalieri detentivi o il ricovero in centri specializzati". I penitenziari possono diventare anche il primo accesso alle cure soprattutto per chi arriva da Paesi del terzo mondo: "Molti giovani detenuti hanno per la prima volta una visita medica in carcere - sottolinea Monarca - un primo approccio che ci permette di scoprire malattie che il soggetto non sapeva di avere, visto che nel paese d'origine non aveva mai fatto controlli". Dopo la riforma del 2008, che ha visto passare la sanita' penitenziaria sotto l'ala del ministero della Salute, sono diverse centinaia i medici e diverse migliaia gli infermieri che lavorano negli istituti di pena.
Non va dimenticato pero' anche il problema dei tossicodipendenti: secondo il rapporto del Forum antidroghe e di altre sigle, nel 2012 un detenuto su tre e' entrato in cella per detenzione di droga. A preoccupare i medici penitenziari sono anche gli stili di vita dei detenuti. "Il tasso di fumatori tra questa popolazione e' altissimo - suggerisce Monarca - ma anche l'alimentazione e' spesso poco sana. Cosi' queste persone hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari e oncologiche rispetto a chi e' fuori dal carcere. Ma, ad oggi, non esistono studi epidemiologici su questo fenomeno. E - chiosa - l'affollamento e' uno dei fattori piu' seri da affrontare quando si parla della salute dei detenuti". Il tema della sproporzione del numero di ospiti (oltre 65mila) degli istituti di pena italiani (circondariali, di reclusione, mandamentali e case lavoro) rispetto ai posti disponibili (circa 47 mila), secondo i dati forniti a maggio dal ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri in un intervento al Senato, e' per l'esperto l'elemento chiave e l'ostacolo maggiore che devono affrontare i medici e gli infermieri 'penitenziari'. Per studiare a livello europeo le problematiche cliniche e sanitarie che devono affrontare i detenuti, il 15 ottobre a Londra e' stata fondata la 'European Federation for Prison Health' con la partecipazione di rappresentanti di Italia, Spagna, Francia, Belgio, Inghilterra, Svizzera, Austria e Germania. Ma sara' l'Italia, grazie all'impegno della Simspe, a guidare la Federazione nella sua fase iniziale per i primi 2 anni. Presidente della Federazione e' stato eletto proprio Roberto Monarca, gia' direttore scientifico di Simspe e coordinatore per le malattie infettive in carcere della Societa' italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).
 
 
 
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