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 ITALIA - ITALIA - Detenuto immigrato muore a Genova, vittima del carcere e del proibizionismo sulle droghe
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Notizia 
9 febbraio 2011 16:45
 
Dal 17 agosto scorso Ciprian Florin Gheorghita, 25 anni, romeno, era recluso nel carcere di Marassi, dopo che i carabinieri della stazione di San Teodoro(Genova) lo avevano arrestato perche' in possesso di alcuni grammi di hascisc e per "resistenza". E' quanto riporta l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, assieme a Radicali italiani e altre associazioni. Condannato a 13 mesi di carcere (di cui 6 gia' scontati), avrebbe terminato la pena il 9 settembre prossimo. Ma ieri pomeriggio lo hanno trovato agonizzante nel bagno della cella, con accanto un sacco nero di plastica che emanava ancora gas butano, e due fornelletti da camping. E' morto poco dopo nell'infermiera mentre provavano a rianimarlo. A novembre la fidanzata di Ciprian Florin era stata fermata nella sala colloqui dagli agenti della polizia penitenziaria dopo che le unita' cinofile avevano fiutato dell'hascisc, una piccola dose nascosta nelle scarpe. Da quel momento alla donna era stata vietato l'incontro con il fidanzato. Piu' recentemente il romeno era stato trovato in possesso di un cellulare all'interno della cella e per questo al giudice di sorveglianza era stata proposta l'adozione di una misura di sorveglianza piu' restrittiva. I detenuti al Marassi sono circa 730 (il 60% dei quali stranieri), a fronte di una capienza di 456 posti letto. Ciprian Florin avrebbe potuto ottenere il beneficio della c.d. legge "svuota-carceri", avendo il fine pena ad agosto. Purtroppo cosi' non e' stato. Non certo un'eccezione, visto che ad oggi nel carcere di Genova hanno ottenuto il beneficio solo in 15 persone e solo in 3 nel vicino carcere di Pontedecimo. Il Sappe, sindacato della Polizia penitenziaria, parla di suicidio. Per il direttore del carcere, Salvatore Mazzeo, invece si e' trattato di un incidente: "Il detenuto era tossicodipendente e seguito dal Sert, con ogni probabilita' ha inalato il gas per lo sballo, in carcere e' una pratica alternativa alla droga". Il ritrovamento vicino al ragazzo morente di un sacchetto di plastica riempito di gas sembra pero' avvalorare l'ipotesi del Sappe. Di solito lo "sballo" viene ottenuto inalando il butano dalla bomboletta posta sotto le narici, mentre la pratica di riempire di gas il sacchetto e poi di infilarselo in testa e' utilizzata prevalentemente per uccidersi. Lo scorso anno, su un totale di 66 detenuti suicidi, in 8 hanno scelto questo metodo, sicuramente meno cruento rispetto a quello all'impiccagione, e tuttavia meno utilizzato perche' non da' l'assoluta sicurezza di morire: infatti chi si impicca, a meno che venga "soccorso" entro pochissimi minuti, non sopravvive mai (e non c'e' modo di avere "ripensamenti" all'ultimo istante), mentre il tentativo di suicidio con il gas puo' essere interrotto volontariamente (togliendosi il sacchetto dalla testa, per istinto di autoconservazione) o involontariamente (il sacchetto puo' rompersi, o sfilarsi, quando la persona cade a terra). E in chi sopravvive la mancanza di ossigeno (anossia), puo' causare danni cerebrali irreversibili, il coma o la paralisi.
 
 
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