Allarme Oltreoceano per i possibili effetti 'distorti' delle nuove leggi che in alcuni Stati americani hanno liberalizzato il consumo della cannabis. In questo caso per uso strettamente terapeutico: la storia di Brandon Coats, paralizzato in seguito a un incidente d'auto quando aveva 16 anni, si è guadagnata l'attenzione del 'New York Times', che ricostruisce la sua difficile battaglia contro la disabilità. L'uomo, impiegato nella tv Dish Network in Colorado, si è infatti sottoposto ai normali test antidroga che vengono fatti ai dipendenti. Risultato positivo alla cannabis, nonostante sia in possesso di un certificato che ne prova l'uso non certo ricreativo che ne è costretto a fare, è stato licenziato.
Coats ha raccontato di fumare solo di notte e che la marijuana non ha mai influito sulle sue prestazioni sul lavoro: Brandon risponde alle chiamate che arrivano al call center della televisione satellitare. Ma non c'è stato nulla da fare: il giorno dopo il test, l'uomo si è recato normalmente in ufficio, ma le sue chiavi elettroniche per l'accesso non funzionavano. Anche se 23 Stati Usa a oggi consentono la marijuana medica o ricreativa, i consulenti del lavoro dicono infatti che la maggior parte delle imprese non ha modificato le proprie politiche 'no-drug'.
Il risultato è uno scontro tra una cultura che accetta sempre di più il consumo di marijuana e aziende che licenziano i dipendenti che la utilizzano, denuncia il quotidiano della Grande mela. Persino in Colorado e Washington, gli Stati più 'marijuana-friendly', alcune aziende dicono fin da subito di non accettare lavoratori che fumano: "Non presentare il curriculum se si utilizza cannabis", precisa un annuncio per la ricerca di un meccanico a Denver. "Eseguiamo screening antidroga sui nostri dipendenti", avverte un concessionario di auto di Aurora. "Tolleranza zero sulla marijuana", chiarisce una compagnia per il riciclo dei rifiuti di Seattle.