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 ITALIA - ITALIA - Cannabis Terapeutica. Dpa contro autocoltivazione
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5 maggio 2011 20:10
 
Il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti, 'sulla base del quale, nel 2005 e' stato condannato il signor F.P., non e' stato affatto introdotto dalle legge di riforma del Testo unico in materia di sostanze stupefacenti che porta il nome di Fini e dell'allora ministro Giovanardi ma era gia' previsto nella formulazione previgente dell'art. 73, come modificato dalla legge26 giugno 1990 n. 162 (cosiddetta Iervolino-Vassalli)'. E' quanto si legge in una nota del Dipartimento Politiche Antidroga, che interviene sulla condanna della Corte di Appello di F. P. per la coltivazione sul balcone di casa di 8 piante di canapa nel 2005, con la giustificazione di utilizzare tale droga per curare una sindrome fibromialgica.
'Peraltro -spiega la nota- successivamente al 2006, con due chiarissime pronunce, a sezioni Unite (Sentenze delle Sezioni unite penali, 24 aprile 2008, n. 8 'Di Salvia' e n. 10 'Vallett'a), la Suprema Corte di Cassazione (e non il legislatore) ha ribadito la illiceita' penale della condotta di coltivazione, prescindendo dal numero di piante messe a dimora, dalle modalita' di coltivazione e dalla destinazione all'uso personale del 'raccolto''.
'Si condivide comunque pienamente -si legga ancora nella nota del Dap- quanto riferito dal pm Marika Ponziani nell'udienza dello scorso 24 febbraio che si e' svolta presso il Tribunale di Chieti: "il contenuto di principio attivo nelle piante sequestrate sul balcone di F.P. certamente superava le sue necessita' mediche ed il limite previsto dalle tabelle, non lo autorizzavano comunque a violare la legge. Le condizioni di salute di P. non rendono lecita la detenzione della cannabis, tanto piu' che il reato di coltivazione, confermato dalla Cassazione -Sezioni Unite - e' previsto anche per una singola pianta".
'Il Dipartimento -si legge ancora nella nota- chiarisce che e' pienamente convinto che sia necessario poter mettere a disposizione dei malati i farmaci a base di THC solo pero' per le indicazioni mediche previste ed approvate e come farmaci di seconda scelta rispetto ad altri presidi farmacologici che si sono dimostrati piu' attivi e comunque sempre ed esclusivamente su prescrizione medica. Il Dpa e' anche d'accordo e sta operando in tale senso in collaborazione con il ministero della Salute, affinche' vi siano procedure piu' snelle e che le regioni possano concedere tali terapie, se necessarie, gratuitamente ai pazienti'.
'E' comunque totalmente da escludere -rimarca il Dpa- per ragioni di sicurezza e di qualita' e stabilita' dei farmaci (legata all'obbligo di assicurare ai malati prodotti realizzati con tecniche e modalita' di controllo sulla base di standard famacologici internazionali), la possibilita' di introdurre la coltivazione domestica, lasciando quindi all'auto-cura e al 'fai da te' sia la produzione dei principi attivi che il trattamento di patologie gravemente invalidanti e particolarmente serie'.
'Proporre l'introduzione di queste coltivazioni non controllate -sottolinea ancora il Dipartimento- e l'auto-somministrazione fuori dal controllo medico di piante con principi attivi in grado di produrre, oltre che supposti benefici per i pazienti malati, comunque importanti effetti collaterali e fenomeni di abuso, e' proporre di tornare al Medioevo e lasciare spazio a strumentalizzazioni demagogiche sulla malattia delle persone nel tentativo di far passare una inaccettabile liberalizzazione della cannabis per usi voluttuari'.
'Il Dpa -conclude la nota- pertanto rigetta totalmente l'accusa di "accanimento contro i pazienti" che vengono usati in questo caso come scudi umani, per giustificare la politica antiproibizionista che arriva addirittura ad apostrofare come "assassino" o "nazista" chi in realta' sta combattendo giornalmente contro la diffusione delle droghe e per la difesa dei diritti dei malati compresi i tossicodipendenti'.
 
 
 
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