testata ADUC
 ITALIA - ITALIA - Aldrovandi. Pene confermate in Appello per gli agenti
Scarica e stampa il PDF
Notizia 
10 giugno 2011 20:20
 
La Corte di Appello di Bologna ha confermato le condanne dei 4 poliziotti accusati della morte del 18enne Federico Aldrovandi avvenuta il 25 settembre del 2005 a Ferrara. La decisione dei giudici e' venuta dopo circa 4 ore di camera di consiglio.
Si tratta degli agenti delle volanti della Questura di Ferrara, Enzo Pontani, Monica Segatto, Luca Pollastri e Paolo Forlani, gia' condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi nel luglio del 2009. Cosi' ha deciso la corte della prima sezione della Corte d'appello di Bologna, presidente Daniela Magagnoli, con i giudici a latere Luca Ghedini e Franca Oliva. Lunedi', nella sua arringa finale, il procuratore generale Miranda Brambace aveva chiesto la conferma di tutte le condanne di primo grado, chiedendo anche che agli agenti non venissero concesse le attenuanti generiche. Tesi ribadita anche dall'avvocato di parte civile, Fabio Anselmo. La difesa aveva invece ribadito la richiesta di assoluzione.
L'accusa e' di aver ecceduto nel loro intervento, di non aver raccolto le richieste di aiuto del ragazzo, di aver infierito su di lui in una colluttazione usando i manganelli che poi si sono rotti. E dopo aver ammanettato il giovane a pancia in giu' con le mani dietro la schiena, secondo i consulenti, avrebbero causato un'asfissia posturale. Secondo il cardiopatologo dell'Universita' di Padova, il professor Thiene, il cuore del giovane 18enne avrebbe subito un arresto dopo aver ricevuto un colpo violento.
L'omicidio del giovane avvenne la mattina del 25 settembre 2005 in via dell'Ippodromo a Ferrara dove venne fermato da una pattuglia della polizia. Il ragazzo stava tornando a casa dopo aver passato la notte con alcuni amici a Bologna. Secondo la difesa, il ragazzo avrebbe aggredito i poliziotti mostrando evidenti segni di squilibrio e sarebbe morto all'improvviso mentre cercavano di fermarlo a causa dell'assunzione di droga. Secondo l'accusa, invece, venne ucciso da un colpo inferto da uno degli agenti accusati di eccesso colposo in omicidio colposo.

Anche Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, morto a Roma in ospedale dopo un arresto e una notte passata nell'aula di sicurezza del tribunale romano, e Lucia Uva, sorella di Giuseppe, anche lui morto a Varese in ospedale dopo una notte passata in una caserma dei carabinieri, dopo essere stato fermato, erano in aula a Bologna per la sentenza del processo d'appello per la morte di Federico Aldrovandi.
Per essere vicine ai genitori Patrizia Moretti e Lino Aldrovandi, hanno spiegato ai giornalisti: 'E' importante essere qui - ha detto Lucia Uva - perche' siamo tutti coinvolti nelle stesse tragedie, perche' siamo vicini a Patrizia e Lino che ci hanno dato la forza di denunciare quanto abbiamo subito.
Ho saputo della morte di Federico alla televisione, da 'Un giorno in pretura', anni fa, e siccome sono le stesse vicende che ci accomunano, la mia, quella di Ilaria e degli Aldrovandi, siamo tutti uniti da questo dolore, perche' non si puo' morire a 18 anni, come Federico, quando si e' ancora un bambino, davanti a quattro persone violente: il loro compito era quello di far rispettare la legge non usando quella violenza'. Poi ha ricordato la sua storia: 'E' la stessa storia di Giuseppe, entrato in una caserma e uscito su una barella, perche' non riuscivano a contenerlo in otto persone. Ci sono responsabilita' secondo noi in quello che gli e' successo, vogliamo arrivare ad una verita'. Se credo nella giustizia? Voglio crederci, lo voglio per dare valori giusti ai miei quattro figli, non voglio una giustizia che assolve sempre le forze dell'ordine'.
Anche Ilaria Cucchi ha ringraziato Patrizia e Lino Aldrovandi 'perche' sono stati loro, con il loro esempio, a darci la forza per intraprendere la strada giudiziaria che stiamo percorrendo.
In questo processo, nel nostro e in tanti altri, dobbiamo lottare contro la solitudine, contro il non sapere cosa fare, e perche' alla fine siamo noi a sentirci sempre sotto accusa, noi e i nostri cari, morti non si sa come'. Poi e' tornata alla tragedia di suo fratello: 'Purtroppo e' quello che e' successo anche nel processo per la morte di Stefano, cio' cui si assiste e' la volonta' di accusare le vittime perche' colpevoli di chissa' cosa, purtroppo i processi si ripetono sempre cosi', buttando fango su noi vittime, che tra mille difficolta' cerchiamo di andare avanti nella ricerca della verita''.
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS