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La 'war on drugs', la tossicodipendenza. Intervista a Johann Hari
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Articolo di Redazione
7 giugno 2015 19:34
 
Quattro anni dopo esser stato accusato di plagio reiterato e di essere stato per questo ed altre questioni bandito dal "The Independent", quotidiano per il quale era un editorialista di spicco della sinistra britannica, Johann Hari e' ricomparso con un libro, “'Chasing The Scream: The First and Last Days of the War on Drugs” (Rincorrendo il grido. Il primo e l'ultimo giorno della guerra alla droga”), in cui viaggia dalle arigini della guerra contro le droghe con una serie di argomenti a favore della legalizzazione. Il libro, in modo sorprendente, e' entrato nella lista di quelli sostenuti dal The New York Times, e da personaggi come Elton John, Noam Chomsky, Russel.
Brand o Naomi Klein non hanno risparmiato elogi. Molti lo ritengono un libro che lo riaccredita.
D- E' finita la condanna pubblica?
R- Ho solo cercato di scrivere il miglior libro possibile e, per gli errori che ho commesso, ho seguito i consigli che m arrivavano dalla mia pagina web.
D- Le chiedo le sue sensazioni.
R- Mentre facevo le ricerche per scrivere il libro mi ero prefisso di non pensare. E poi e' stato molto gratificante, Una donna mi ha cercato, mi ha detto che aveva un fratello tossicodipendente e che non lo vedeva da sette anni e che, dopo aver letto il mio libro, ha deciso di contattarlo. Si era resa conto che avrebbe dovuto arrabbiarsi con la guerra contro la droga. Motivo per cui sarei stato contento anche se avessi venduto una sola copia del libro.
D- Certo. Ma lei…
R- Uno dei miei scrittori preferiti, James Baldwin, dice che il solo vantaggio del tuo dolore e' se puo' servirti a comprendere il dolore degli altri. Io ho parlato con gente che ha sofferto pu' di me: gli amici di Billie Holiday, un transessuale spacciatore di crack a Brooklyn, una madre di Ciudad Juarez che ha attraversato il deserto cercando sua figlia, un senza casa tossicodipendente di Vancouver che aveva trovato conforto con l'apertura della prima narcosala del Nordamerica, l'ex-presidente José Mujica...
D- Evita di parlare di se stesso
R- Non chiedo di parlare dei miei sentimenti. Se ho fatto qualcosa che non va bene, ho da pagarne un prezzo, non da commettere ancora questi errori e non incoraggiare chiunque a vedere le cose dal tuo punto di vista. Non si possono trovare scuse.
D- In quei giorni abusava di Provigil, un potente farmaco contro la malattia del sonno.
R- L'ho preso per lavorare senza sosta. Non andava bene. Ma avevo fatto cose sbagliate anche prima di prendere quel farmaco.
D- Tale impegno non è quello che lo ha portato ad esplorare il mondo della droga.
R- No. Uno dei miei primi ricordi e' quello di aver cercato di svegliare un famigliare e di non essere riuscito a farlo. A 7 anni non capivo il perche', e sempre volevo capire. Per il libro ho cominciato ad indagare e mi ritrovavo sempre di fronte a domande di base a cui non sapevo rispondere. Perche' e' cominciata la guerra contro la droga? Perche' continua se si e' visto che non funziona? Qual e' la causa della tossicodipendenza?
D- 48.000 Km e nove Paesi dopo ha trovato le risposte.
R- Sapevo che la tossicodipendenza non e' quella che si racconta. E che la guerra contro la droga iniziata 100 ani fa da Harry Anslinger, commissario dell'Ufficio Federale degli Stupefacenti degli Usa, basandosi sull'onda del panico razziale, si e' trasformata in miliardi di dollari, si sono perse migliaia di vite e scatenato un sistema demente di violenza.
D- 60.000 morti in Messico per mano dei cartelli in sette anni.
R- E quando si fece presente questa cifra a Michel Leonhart, capo della DEA, lui stesso disse che era il risultato della lotta alla droga. Uno scandalo! Il giornalista Charles Bowden ha detto, ed io sono d'accordo, che la guerra contro le droghe e' essa stessa una catastrofe. Ha devastato Paesi interi. Dove sono i trafficanti violenti di alcool? C sono stati solo quando c'era la legge Seca.
D- Sara' d'accordo che sono dannose.
R- Si', pero' la tossicodipendenza e' stata vista dalla destra come una dèbacle morale dovuta ad eccessi edonisti e, per la sinistra, come una malattia che trova spazio in un cervello chimicamente compromesso.
D- Non e' ne' l'uno ne' l'altro?
R- Abbiamo assimilato l'idea che se tutti consumassimo eroina per 20 giorni, il 21mo saremmo dipendenti, perche' sono sostanze che agganciano e di cui il nostro corpo ha necessita' fisica. Il fatto curioso e' che se ci investe un'automobile e ci portano in ospedale, ci somministrano la diamorfina, che e' eroina di ottima qualita' che e' venduta da qualunque spacciatore. Se fosse cosi' sarebbe pieno di dipendenti da eroina che sono stati operati all'anca. I consumatori clinici lo sono di piu'.
D- Quindi?
R- Il 90% dei consumatori di droghe illegali a fini ricreativi non diventa dipendente. Ne ha un danno solo il 10%, e sono persone che avevano problemi anche prima. Piu' di un terzo del consumo di droghe per via endovenosa e' fatto da persone che hanno avuto traumi infantili.
D- Da dove vengono questi dati?
R- Dall'Ufficio Onu per il controllo delle droghe. Il problema e' che questo 10% di consumo che crea problemi, nell'immagine ufficiale si e' trasformato nel 100%.
D- Perche' cambiare questo 10%?
R- All'inizio del XX secolo e' stato dimostrato che mettere due topi in una gabbia con due vaschette, una con acqua e l'altra con acqua ed eroina, il topo preferiva quella che conteneva droga. Ma negli anni 70, il professor Bruce Alexander ha costruito una gabbia da sogno, il Rat Park, con tunnel, formaggio, amichetti e sesso, e i topi che vi erano dentro optavano per l'acqua corrente. Che vuol dire?
D- Che vuol dire?
R- Gli esseri umani hanno una innata necesita' di entrare in contatto tra di loro, di creare vincoli con gli altri. Quando non lo fanno, perche' sono isolati, traumatizzati o perche' si sentono maltrattati, si legano a qualcosa che facilita loro questa necessita', e questa e' l'eroina, il gioco, la pornografia. Conclusioni: 1- non sei tu, e' la tua gabbia: 2- l'opposto di dipendenza non e' sobrieta', e' avere contatti.
D- Il suo consiglio e' di cantare canzoni d'amore e non di guerra.
R- E' cosi'. La situazione attuale e' la seguente: il dipendente deve soffrire e deve essere castigato per consumare. Ma se la dipendenza e' causata dalla sofferenza e ancora sofferenza, non c'e' uscita. E' quello che hanno capito in Portogallo.
D- Hanno depenalizzato le droghe nel 2001.
R- Nel 2000 l'1% di portoghesi era dipendente da eroina, Quanto piu' era acuita la guerra contro le droghe, piu' peggiorava la situazione. Ed e' stato allora che il Governo ha optato per la depenalizzazione ed ha investito il denaro che prima serviva per arrestare e incarcerare, in un programma di lavoro e alloggio sicuro. Ha dato loro un motivo per alzarsi la mattina. Oggi c'e' un 50% meno di persone che si inietta droghe, e' diminuito l'Aids e le morti per overdose. Questo dimostra che una politica basata su amore e compassione funziona. Il problema e' che viviamo in una cultura in cui e' facile sentirsi isolati.
D- E' un male del capitalismo?
R- E' un male di qualunque sistema sociale che controlli le persone e le isoli. Quanto piu' vivremo in una societa' democratica ed avremo rapporti sani con gli altri, ci sara' meno dipendenza. La Svezia e' un esempio. Ci sono pochi arresti, buoni servizi, sindacati forti, e i suoi livelli di dipendenza sono molto bassi. Quando cresce il malessere sociale, cresce la dipendenza. E non sono ricchi e bianchi i perseguitati.
D-Pero' muoiono ugualmente di overdose. Amy Winehouse, Heath Ledger, Philip Seymour Hoffman…
R- La ragione principale delle overdose e' che quando le droghe sono proibite non c'e' controllo della qualita'. Se qualcuno compra eroina per strada non sa se ha una purezza del 5 o del 55%. E' come comprare alcool senza sapere se sia birra o assenzio. E' facile incappare in una dose letale. Altro problema sono i contaminanti. In Scozia e' morta molta gente a causa di eroina che conteneva antrax. Invece in Svizzera, dove si somministra eroina dopo una supervisione medica, non ci sono stati morti per overdose negli ultimi 20 anni.
D- Essere gay ha influito nel suo approccio alla persecuzione della dipendenza?
R- Prima avrei detto di no, ma dopo che sono andato in giro, credo che i gay possano intendere il dolore di essere emarginati quando questo e' un atto consentito. Io sono stato fortunato e devo ringraziare le lotte delle generazioni precedenti. In tutti i modi credo che il cambio di mentalita' rispetto alle droghe e' simile al percorso che ci deve essere per la legalizzazione del matrimonio omosessuale.
D- E ora qual e' la sua droga? Il perdono?
R- La mia unica droga sono i libri. Li consumo in ogni momento e ad essi desidero dedicarmi. Non intendo tornare alla stampa.

(Intervista di Núria Navarro, pubblicata su El Periódico de Catalunya del 07/06/2015)
 
 
 
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