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Produrre morfina dallo zucchero? E i narcotrafficanti?
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Articolo di Redazione
26 giugno 2015 11:45
 
E' una buona notizia per il mondo dei farmaci, ma rischia di cascare nelle sorde orecchie dei narcotrafficanti. Questi ultimi mesi, diverse équipe di ricercatori hanno pubblicato articoli che dettagliano le tappe per permettere la produzione di morfina e altri oppiacei attraverso il lievito di birra modificato geneticamente. Nella rivista americana Science di giovedi' 25 giugno e' stato pubblicato un articolo dei ricercatori dell'Universita' di York (Regno Unito) che fa il collegamento che mancava per sintetizzare i maggiori analgesici. Una svolta che fa temere il suo uso per fini illeciti.
La morfina e' il trattamento potente di riferimento contro il dolore. La sua produzione si effettua a partire dal lattice del papavero (Papaver somniferum). Piu' comunemente chiamato oppio, questo lattice possiede virtu' sedative e analgesiche. L'oppio contiene diversi alcalosi tra cui, oltre la morfina, la codeina (con proprieta' analgesiche e contro la tosse) e la tebaina (che serve a fabbricare dei derivati sintetici come l'ossicodone o il naloxone, che e' un antidoto alle overdose per oppiacei).
La paternita' della scoperta e dell'isolamento della morfina -cosi' chiamata riferendosi a Morfeo, il dio greco dei sogni- risale al tedesco Friederich Sertürner nel 1804. Utilizzata sotto forma di bevanda, essa sara' utilizzata per via endovenosa a partire dalla meta' del XIX secolo e, essenzialmente, nelle guerre di quel periodo. La scoperta della tossicodipendenza agli oppiacei fa si' che all'inizio del XX secolo siano state adottate leggi e convenzioni sul controllo degli oppiacei e dei narcotici. La conseguenza e' stata una forte riduzione dell'uso di morfina come analgesico.
Produzione perfettamente legale di oppio
Nel corso degli ultimi venticinque anni, la morfina e' ritornata grazie all'impulso dei professionisti della sanita' impegnati nella lotta contro il dolore e alla dimostrazione che il suo uso in un contesto medico ne ha consentito il controllo senza portare a delle dipendenze.
La coltivazione illegale dell'oppio in Paesi come Afghanistan, Birmania, Laos e anche Messico, e' stata mirata alla molto lucrativa produzione di eroina. Ma esiste una scala minore e con una grande discrezione, una produzione perfettamente legale a fini farmacologici. E' quindi a partire dal “Papaverum somniferum” -il papavero- che viene prodotta la morfina e gli altri oppiacei.
Filiale di Sanofi creata nel 1932, Fancopi produce per piu' di 80 Paesi e si rifornisce presso 1.000 agricoltori e piu' di 30 organismi della filiera agricola che, in Francia, significa 12.000 ettari di coltivazioni di papavero. Il tutto sotto la sorveglianza del ministero degli Interni e delle agenzie di sicurezza sanitaria.
Come per altri farmaci, la produzione di morfina e' oggi molto legata agli estratti delle piante, essenzialmente in virtu' della complessita' della loro struttura, che non ha permesso di effettuarne una sintesi a costi abbordabili. Nel contempo, i chimici si sono interessati da diversi anni alle diverse tappe del processo chimico che compie la pianta.
Un procedimento rivoluzionario
Lo sviluppo di tecniche di ingegneria genetica che modificano certi organismi semplici come i lieviti -essenzialmente il lievito di birra (Saccharomyces cerevisae)- ha fatto fare un salto in avanti alle possibilita' di sintesi. Dando dei geni appropriati, e' possibile far sintetizzare, a fini terapeutici, dei composti abitualmente provenienti da piante. E' in questo modo che viene fatta la produzione commerciale dell'artemisinina, ingrediente base per le combinazioni terapeutiche con cui si tratta il paludismo, normalmente derivata da un assenzio cinese (Artemisia annua).
Il medesimo procedimento rivoluzionario sembra che sia a portata di mano per fabbricare morfina e i suoi derivati. Esso apre anche la prospettiva di composti efficaci o vantaggiosi con un migliore profilo di sicurezza. Alcune tappe sono state fatte dal 2008, ma le pubblicazioni scientifiche si sono moltiplicate in questi ultimi mesi.
Il 23 aprile, un'équipe di Montreal ha descritto nella rivista PLOS One come aveva ricostituito il percorso di partenza di un precursore, la (R)-reticolina, che porta alla produzione di morfina e codeina. Questo percorso si riferisce a 7 geni che i ricercatori hanno fatto emergere nel lievito di birra che hanno manipolato.
Il 18 maggio. Sul sito di Nature Chemical Biology appare un altro articolo di alcuni ricercatori di Montreal (Lauren Narcross et Vincent Martin) e dei loro colleghi dell'Universita' della California di Berkeley, tra cui William DeLoache et John Dueber. Essi dimostrano la possibilita' di far produrre morfina al lievito, che loro hanno messo in condizione di produrre alcuni enzimi di S-reticolina a partire dal semplice glucosio. La (S)-reticolina e' trasformata in (R)-reticolina attraverso un riarrangiamento spaziale della molecola, ma certe tappe non sono state ancora controllate dai chimici.
Cosa che viene fatta con l'articolo su Science di Thilo Winzer (Universita' di New York) e i suoi colleghi (tra cui i ricercatori della GlaxoSmithKline in Australia). Essi hanno scoperto l'enzima STORR, espresso attraverso il gene dallo stesso nome che permette la trasformazione in due tempi della (S)-reticolina in (R)-reticolina attraverso il lievito. La via della biosentisi della morfina e' quindi stata completata.
Un uso illegale?
Se questi lavori lasciano intravedere dei progressi nella sintesi degli analgesici oppiacei piu' performanti, gli stessi preoccupano non solo le autorita', ma anche i ricercatori stessi. Gli uni e gli altri temono che questo processo possa essere recuperato dai narcotrafficanti. In un articolo di commento, pubblicato il 21 maggio su Nature, tre universitari americani e canadesi mettono in guardia: un tale procedimento di facile fabbricazione messo in opera con prodotti alimentari legati ad un kit di fabbricazione di birra, facilmente dissimulabile, potrebbe permettere a dei criminali una produzione locale decentralizzata. Essi raccomandano quindi un controllo dei ceppi di lieviti geneticamente modificati, di progettarli per limitare la produzione di oppiacei che abbiano un certo interesse per il traffico, di ricorrere a dei marcatori di DNA per permettere una tracciabilita' e di adattare leggi e regolamenti.
Per il dottore Dider Jayle, titolare della cattedra di “dipendenze” al Conservatorio nazionale di arte e mestieri (Parigi), “bisognera' adottare dei controlli per evitare la diffusione incontrollata di lieviti geneticamente modificati”, ma ricorda che “i controlli attuali non vanno bene. La diminuzione dl consumo di eroina non e' dovuta ai controlli ma alla politica di riduzione dei danni messa in atto con trattamenti sostitutivi degli oppiacei, che rimpiazzano l'iniezione”.

(articolo di Paul Benkimoun pubblicato sul quotidiano Le Monde del 26 giugno 2015)
 
 
 
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