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Million Marijuana March, uno sguardo radicale
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Articolo di Claudia Sterzi *
10 maggio 2010 10:42
 
Si è svolta sabato scorso la Million Marijuana March, una “iniziativa mondiale lanciata nel 1999 dal sito statunitense Cures Not Wars. Sbarcò nel nostro paese il 5 maggio 2001 con la campagna di autodenuncia di massa "Signor giudice ho piantato un seme" che raccolse circa 1100 autodenunce tra Palermo, Milano e Roma dove il 05-05-01 furono consegnate 645 autodenunce assieme ad alcune piantine di cannabis alla caserma dei carabinieri di piazza Venezia da una delegazione di nove persone al termine di una street antiprò partita da piazza della Repubblica e aperta da una delegazione di indiani Lakota”.  Da allora ogni anno il primo fine settimana di maggio l'Italia partecipa con Roma all'iniziativa mondiale che, partita dalle poche decine di città del 1999, coinvolge ormai più di 300 città su tre punti rivendicativi da sempre uguali in tutto il mondo: 1) fine delle persecuzioni per i consumatori. 2) diritto all'uso terapeutico della Cannabis per i Pazienti 3) diritto a coltivare liberamente una pianta che è parte del patrimonio botanico del Pianeta” (dal sito http://www.millionmarijuanamarch.info )
Dopo aver letto i tre “punti rivendicativi” o obiettivi, come segretaria dell’ Associazione Radicale Antiproibizionisti, li ho condivisi; anche l’affermazione “la coltivazione della cannabis è un diritto naturale”, mi trova concorde.
L’anno scorso avevo partecipato da privata cittadina, seppure con la spilla della Lista Pannella Bonino. Quest’anno ho aderito ufficialmente, il che ha preoccupato un po’ il Signor Mefisto, spero non si offenda se lo chiamo signore, organizzatore storico della MMM in Italia, che mi ha telefonato avvertendomi che non erano ammesse insegne di partito. In effetti già avevo visto sul sito il deciso cambio dell’ organizzazione, “non saranno ammesse bandiere e striscioni di partito, di nessun partito, nè saranno ammessi camion non preautorizzati con musica diversa dal REGGAE”. Una presa di posizione piuttosto netta che si rendeva necessaria per poter gestire il marasma esplosivo che derivava dalla mescolanza della cultura della canapa con quella dei rave; non che non si vedessero più giovani ridotti con la bava alla bocca, chè alcool e skunk olandese sono più che sufficienti a ridurre un giovane metropolitano all’ ombra di se stesso, ma la manifestazione ha avuto una allure e una atmosfera più mite, più distratta, più pacifica anche nell’atteggiamento verso le forze dell’ordine che invece l’altro anno avevano ricevuto una bella dose di insulti lanciati anche dagli organizzatori.
Gli unici a rivolgersi ai poliziotti sono stati due reduci degli anni ’70, con lunghi capelli bianchi, maglietta Canapisa, che hanno sventolato loro a mezzo metro dal viso un volantino con le immagini di Cucchi, Aldovrandi, Bianzino, Eliantonio, e ne dimentichiamo sempre tanti.
Da uno dei due carri presenti sono stati invece lanciati slogan contro la libertà di manifestare dei cosiddetti “fascisti di merda”, una categoria che esiste ormai solo nei sogni inquieti dei vecchi comunisti e ahimé dei loro figli; d’ altra parte è vero che le leggi proibizioniste sono spesso ascrivibili alla destra, e pure le uccisioni in carcere, ma anche la sinistra ha fatto il suo sporco lavoro in questo senso, se non altro con l’ignavia quando non peggio. Per esempio negando a centinaia di migliaia di giovani interessati ai temi dell’antiproibizionismo una informazione completa che comprendesse le battaglie radicali, dalla disobbedienza civile di Marco Pannella del 1975, a quelle più recenti di Rita Bernardini, battaglie parlamentari, referendarie, nonviolente.
La felice assenza dei carri tekno, che l’ anno passato rendevano impossibile la comunicazione, ha fatto però emergere la mancanza di un qualunque tipo di informazione sia politica che divulgativa e scientifica; l’informazione corretta è l’arma nonviolenta che l’antiproibizionismo oppone alle armi coercitive del sistema giudiziario e penale. Per depenalizzare, e legalizzare, è necessaria l’informazione, che incoraggia usi e costumi responsabili e autonomi; così come la legge che legalizzò in Italia l’aborto era accompagnata da norme mai realizzate, in tema di informazione biologica, sessuale e riproduttiva.
Nel metodo radicale di lavoro su obiettivi comuni anche con forze diverse, sono molti i contatti che durante la MMM l’ @.r.a. e i compagni di Radicaliroma hanno coltivato, è il caso di dire! : l’organizzazione della marcia, i Pazienti Impazienti, la coalizione Legalizziamolacanapa.org, i Giovani Antiproibizionisti, e altri. Oggi che segnali da tutto il mondo danno come imminente un cambio deciso nelle politiche sulle droghe, dal Portogallo dove una sperimentazione di depenalizzazione del consumo avvenuta nel 2001 sta dando risultati statistici di grande rilievo, come l’abbattimento dei numeri dei sieropositivi e delle morti per droga, oltre che dei consumatori, alla zona di confine USA – Messico, straziata dalla violenza, dalla criminalità e corruzione politica derivate dalle politiche proibizioniste, in Italia, dove abbiamo una delle legislazioni peggiori rispetto a molti altri paesi “occidentali”, è necessario insistere con sempre maggior forza, tutte le forze antiproibizioniste insieme, perché si apra uno spiraglio di civiltà e di intelligenza.

* Segretaria dell'Associazione Radicale Antiproibizionisti
 
 
 
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