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Legalizzazione droghe. Necessità e limiti delle vie nazionali
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Articolo di Vincenzo Donvito
17 novembre 2019 14:38
 
  La legalizzazione delle droghe (essenzialmente cannabis) sta procedendo in tutto il mondo. Terapeutica e/o ricreativa, la marcia sembra inarrestabile visti gli effetti positivi che i primi dati riportano relativamente a dove sono trascorsi tempi che consentano indagini significative.
Allo stato è da rilevare che dati di un certo interesse arrivano più che altro da luoghi in cui si è proceduto più che altro alla depenalizzazione e non ancora alla legalizzazione; primo fra tutti il Portogallo, dove i problemi sanitari, vista la loro politica di lungo corso in merito, sono incoraggianti.
I primissimi dati, essenzialmente da alcuni Stati Usa, dove la legalizzazione della cannabis ad uso ricreativo è realtà da alcuni anni, sono anch’essi incoraggianti, ma niente che ci possa far dire con certezza che il mercato nero sia stato sconfitto e le mafie di vario livello che lo gestiscono siano scomparse. Ci vuole ancora tempo. Anche perché, essendo il mercato illegale ancora dominate in quasi tutto il mondo e, nonostante le depenalizzazioni diffuse, mercati come quello europeo e dell’America del nord sono anche fonte di ingenti business per le mafie. Si pensi a Colombia (primo Paese produttore di cocaina) e soprattutto a Messico (“leader” di cartelli che tra produzione e gestione del transito, nonché estensione nei cinque continenti del Pianeta, è in una situazione drammatica).

Ed è questo su cui vogliamo porre l’attenzione per meglio comprendere strategie e iniziative per la legalizzazione.
Due sono i punti di questa osservazione:
1 – i trattati internazionali che ufficialmente vincolano i Paesi aderenti ad adottare strategie proibizioniste. Chi non lo fa (Uruguay e Canada, per citare Stati sovrani a tutti gli effetti, che comunque hanno legalizzato solo la cannabis), si muove a proprio rischio e pericolo, di sanzioni, di provvedimenti e di censure che, al momento, sono solo “vagamente” minacciate da chi vuole che questi trattati siano rispettati. Ma, si sa, tra ONU e trattati internazionali extra-ONU, tra rispetto, attuazione, sanzioni etc… prima che accada qualcosa ci vuole molto di più che non le violazioni attuali. Forse è un bene? Di fatto i trattati ci sono, e i vincoli a cui fanno riferimento i vari proibizionisti non sono campati in aria: muoversi in un ambito che diventi “diritto” per tutti e non “chiusura di un occhio” per qualcuno, crediamo sia fondamentale per far cambiare ovunque il nefasto influsso del mercato illegale delle droghe.
2 – la legalizzazione, perché possa realmente cominciare a dare i suoi frutti, levando il business alle mafie e ridando certezze alla salute dei consumatori, non può essere solo in alcuni Paesi (e neanche in alcuni Stati degli Usa).

Per capire facciamo riferimento a due situazioni che coinvolgono il principale Stato che oggi ha legalizzato la cannabis, il Canada.

La prima situazione riguarda il fatto che nella provincia del Québec, che confina a nord-est con gli Usa, in particolare nella capitale Montréal, le autorità hanno rilevato un rafforzamento della presenza del cartello messicano di Sinaloa. In un rapporto della DEA americana (Drug Enforcement Administration), si legge: "... abbiamo spesso intercettato camion negli Stati Uniti che trasportavano grandi carichi di cocaina a Montreal, a Vancouver e persino a Ottawa". Questa droga proveniva principalmente dal cartello di Sinaloa che, oltre a alimentare il crimine organizzato canadese con la cocaina, "ha messo radici in questo Paese con propri specifici rappresentanti". E’ evidente che l’attrazione che questo cartello messicano ha verso il Canada è per il mercato della cocaina, che non è legalizzato.

La seconda situazione riguarda il fatto che lo Stato di New York, che confina col Québec e con l’altra importante provincia canadese dell’Ontario (Toronto la capitale), oggi è invaso da marijuana illegale proveniente dal Canada.
Non stiamo ovviamente parlando di consumatori statunitensi che tornano a casa dopo aver fatto acquisti in Canada… che ci sono ma rappresentano un fenomeno molto marginale e neanche statistico. Parliamo di mafie.
La Drug Enforcement Agency (DEA) statunitense ha sequestrato 33 volte più cannabis (+3.300%) nel 2019 rispetto allo scorso anno nello Stato di New York. “La legalizzazione in Canada ha chiaramente influenzato il nostro Paese per un anno. La prova è che i nostri sequestri sono esplosi nel 2019. È un enorme aumento", afferma l'agente speciale Ray Donovan in un'intervista. Gli ufficiali della DEA hanno confiscato 6.000 kg di cannabis dall'inizio dell'anno, rispetto ai soli 181 kg del 2018 nello stato di New York, che confina con il Quebec e l'Ontario. "Questi 6.000 Kg non sono canadesi al 100%, ma qui c'è molta più marijuana canadese che si trova illegalmente. Anche le nostre indagini su reti di trafficanti di cannabis canadesi hanno registrato un incremento". Il problema è che i profitti della vendita di marijuana vengono spesso reinvestiti da questi gruppi criminali nell'importazione di cocaina ed eroina. "Inoltre, le nostre reti locali di traffico di marijuana vendono anche altre droghe, come la sostanza peggiore di tutte, il fentanil". Questo oppioide è responsabile di 73.000 overdose fatali negli Stati Uniti durante lo scorso anno, di cui 2.300 nella Grande Mela. Le produzioni, sempre secondo la DEA sono fatte in laboratori segreti in Québec, gestiti dalla mafia asiatica.

La legalizzazione (di cannabis, poi..) sembrerebbe quindi non in grado di scalfire il business delle mafie, business che continua in modo tradizionale e che, lì dove si confronta con contesti legali diversi da quelli proibizionisti (i casi canadesi di sopra), si è adeguato ad usare meglio il tutto.

A questo punto, con la logica dei proibizionisti di varia risma, si potrebbe dire che la legalizzazione non serve e che andrebbe più che bene continuare ad incentrarsi sulla repressione poliziesca e culturale per - come dicono i vari ideologhi anti-droga - “creare un mondo libero dalle droghe”.
Ma non siamo così “sciocchi”.
Qualcuno è in grado di contrastare semplici osservazioni come queste: esiste un luogo nel mondo in cui un individuo nella sua vita non abbia avuto necessità (fisica e culturale) di far uso di droghe? Di ogni tipo di droga? E’ opportuno avere legislazioni che impediscano ad un individuo di farsi bene o male (dipende dai punti di vista..) con qualunque sostanza o comportamento assimilabile ad una droga? Le risposte sono ovvie, a meno che non si vogliano prendere in considerazione regimi che “assistano” dalla culla alla bara i propri sudditi. A noi piacciono i regimi democratici e liberi, ed è in base a questa scelta che osserviamo, cerchiamo di capire e cerchiamo di trovare soluzioni che consentano ad ognuno di essere se stesso in un contesto civico che accetti e “disciplini” comunità di diversi.

Le nostre osservazioni di oggi servono a mettere in evidenza realtà e difficoltà. Una fra tutte: senza legalizzazione si peggiora l’esistente. Ma, avviati i vari processi, occorre far tesoro delle difficoltà e degli errori. Come, a nostro avviso, non considerare la legalizzazione territorialmente limitata, e della sola cannabis, come un primo difficile passo di un percorso maggiore.
 
 
 
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