Sebbene la cocaina continui ad essere illegale, l'America Latina deve trovare metodi migliori per lottare contro le mafie che questa sostanza alimenta.
Non sono tante le occasioni in cui una politica pubblica sia stata dedicata in modo cosi' laborioso per un intento cosi' inutile. Durante gli ultimi 15 anni, piu' o meno, la Colombia ha utilizzato ogni anno dei piccoli aerei guidati, sotto contratto, da piloti statunitensi, irrorando glisofato per la fumigazione, un potente erbicida, in un'area di 130.000 ettari, con l'intento di distruggere le coltivazioni da cui si produce la materia prima per la fabbricazione della cocaina. Se tutti i territori interessati da queste fumigazioni fossero messi insieme, si avrebbe un'area grande quanto il New Jersey.
I difensori della fumigazione, inclusi i guerrieri antidroga di Washington DC, sostengono che questa iniziativa sia stata fondamentale per la riduzione delle coltivazioni di coca in Colombia, con un terzo del suo picco alla fine degli anni 1990, facendo diminuire la produzione di cocaina (anche se in proporzione minore). Alcuni studi hanno trovato una relazione della fumigazione con l'aumento percentuale di alcune malattie cutanee e respiratorie, nonche' gli aborti involontari tra le famiglie degli agricoltori. A marzo, un'indagine dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' ha riclassificato il glisofato come “”probabilmente cancerogeno”. La classificazione viene respinta dal produttore Monsanto e alcuni scienziati indipendenti. Ma ha spinto il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, a chiedere ai suoi funzionari perche' smettano le fumigazioni entro ottobre e cerchino delle alternative.
E non deve essere facile. In Peru' si pratica un'eradicazione manuale, inviando lavoratori ad hoc per espiantare le coltivazioni una ad una.
Il territorio, in Colombia, e' pieno di mine installate dalla guerriglia, che si finanzia grazie agli introiti del business della droga. Questo rende pericolosa l'eradicazione manuale. Per cercare di mantenere il programma di fumigazioni, funzionari dell'amministrazione Usa hanno fatto circolare una nota in cui si indicava la coltivazione di coca in Colombia come cresciuta del 40% durante l'anno scorso. Questo sarebbe dovuto al fatto che i guerriglieri delle Farc, prima di un possibile accordo di pace, stanno cercando di rastrellare denaro il piu' possibile.
Il presidente Santos, comunque, non si e' fatto influenzare da questi allarmi. Poche politiche pubbliche in America Latina sono cosi' inefficaci come l'eradicazione della foglia di coca. Daniel Mejìa, dell'Universita' delle Ande di Bogotà, fa sapere che per essere sicuri di aver eliminato un solo ettaro coltivato a coca, se ne debbano fumigare almeno 30. L'eradicazione manuale non funziona molto meglio. Ogni giorno gli agricoltori della coca la ripiantano immediatamente. I latinoamericani possono anche essere, in generale, mediocri per quanto riguarda le innovazioni imprenditoriali, ma la coca rappresenta un'eccezione: in Perù gli agricoltori hanno adottato la semina di alta' densita' e l'irrigazione a goccia per aumentare la produttivita'. Alcuni hanno duplicato le proprie coltivazioni, fino a quattro per ogni anno. Invece di distruggere le coltivazioni, l'eradicazione semplicemente le spinge verso nuove aree. La produzione totale di cocaina nelle Ande si e' mantenuta sufficientemente abbondante per la fornitura mondiale, con pochi e occasionali picchi di prezzo.
Quindi, che cosa bisogna fare? Molti, compreso “The Economist”, credono che legalizzare la cocaina sia il male minore. Tale e' la stanchezza della guerra contro il narcotraffico nelle Americhe, che alcuni presidenti, tra questi Santos, hanno cominciato a riflettere su questo. Ma la legalizzazione sembra essere distante di decenni.
In questo contesto, le democrazie latinoamericane soffrono il potere corrosivo delle bande di narcotrafficanti. Questo e' quanto e' stato dimostrato lo scorso 1 maggio a Jalisco, Messico, dove una nuova mafia ha risposto alla repressione del Governo abbattendo un elicottero con una lanciarazzi, uccidendo sei soldati, e bloccando le strade in tutto lo Stato. I peruviani sono diventati avvezzi agli assassini del crimine organizzato a Lima: in una recente indagine, il 72% sostiene che il Perù e' sulla strada per convertirsi in un “narcostato”. Questa e' un'esagerazione, ma il narcotraffico e' penetrato nella politica e nei tribunali, cosi' come nella polizia.
Nessuno Stato puo' ignorare il tipo di sfida che si e' vista in Jalisco. La polizia messicana fa sapere che disarmare le mafie e' solo parte di una strategia piu' ampia che include il rafforzamento della polizia e la prevenzione del crimine nelle comunita' piu' vulnerabili. Ma hanno difficolta' per trasformare queste intenzioni in realta'.
Lo stesso accade nel sud. La polizia peruviana promuove l'eradicazione della coca. Ma lo Stato da' solo piccole preoccupazioni al crimine organizzato. Il Peru' e' oggi la maggiore fonte mondiale di cocaina e il piu' grande fornitore di soldi falsi, nonche' un crescente centro di lavaggio di denaro. Il Governo sequestra meno del 10% della produzione stimata di cocaina e una piccola quantita' dei prodotti chimici utilizzati per la sua fabbricazione, e quasi nessuno e' stato accusato di lavaggio di denaro.
In Colombia va molto meglio nel contrasto del traffico di cocaina, sequestrando frequentemente quasi la meta' della produzione stimata. Il nostro suggerimento a Santos sarebbe di completamente lasciar perdere l'eradicazione. Dopotutto, la coca raccolta rappresenta meno del 10% del valore delle esportazioni di cocaina (e molto meno del valore di vendita nei mercati stranieri). Lasciar perdere, anche, i consumatori e i distributori di piccole quantita'. Al contrario, suggeriamo di raddoppiare gli sforzi per perseguire i laboratori di cocaina, i fornitori di prodotti chimici, i trafficanti e i riciclatori di denaro, con l'uso di maggiore intelligence e di una polizia migliore. E continuare a lottare per la legalizzazione.
(articolo di Michael Reid, editorialista -Bello column- di The Economist, pubblicato il 16/05/2015)