testata ADUC
Droga, omosessualita’… un film per abbattere i tabu’ arabo-israeliani
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Redazione
7 aprile 2017 18:52
 
 “Io danzero’ se voglio” (“Bar Bahar”) racconta uno choc di culture: quella di Nour, velata e conservatrice, e quella di Leila e Salma, giovani arabe israeliane che vivono senza rispettare morale e convenzioni nell’anonimato di Tel-Aviv. Ma il vero choc, la regista lo ha vissuto quando l’hanno minacciata di morte.
Con il suo primo lungometraggio, che esce in questi giorni in Francia dopo la sua prima a gennaio in Israele, Maysaloun Hamoud, 35 anni, colpisce duro.
In due ore, la regista originaria della Galilea attacca i tabu’ della societa’ arabo-israeliana: c’e’ la droga, l’omosessualita’ di Salma, rifiutata completamente dalla sua famiglia cristiana, l’indipendenza di Leila, che preferisce lasciare il suo fidanzatino quando scopre che’ ben piu’ conservatore di quanto sembrava.
C’e’ soprattutto la storia di Nour, originaria della citta’ conservatrice Oum al-Fahem, bastione in Israele del Movimento islamico, vicino ai Fratelli musulmani.
Nour e’ anche scioccata dall'atteggiamento dei suoi compagni di stanza quando si è trasferita nel loro appartamento di Tel-Aviv, ma finisce per ribellarsi contro la sua famiglia e le sue tradizioni. Lascia il suo fidanzato Wissam, barbuto e poco avaro di formule religiose, dopo che lui la violenta, una scena che viene mostrata nella pellicola.
Gia’ uscito in Usa, il film e’ stato salutato dal giornale Variety come un dramma “convincente” e da Hollywood Report come un “primo film scintillante”. E’ stato premiato al festival di San Sebastian (Spagna).
Anche in Israele ha attirato l’attenzione, compresi gli ebrei estimatori del cinema.
A Oum el-Fahem, al contrario, ha provocato una levata di scudi e la proiezione e’ stata vietata. Il Comune lo ha denunciato come un film “di basso livello, senza un minimo elemento di verita’”.
Maysaloum Hamond e le sue attrici hanno anche ricevuto minacce di morte sui social network: “Coloro che parlano male di Oum el-Fahem si scavano la propria tomba” o “Riceverete una pallottola nella testa e un’altra nel cuore”.
“In quanto artista, regista e scenografa, ma anche in quanto appartenente a questa societa’, ho il diritto di evocare che tutti coloro che io valuto importanti”, ha risposto Hamoud, il viso circondato dai suoi capelli neri col taglio corto. Porta diversi tatuaggi alle braccia, uno dei quali e’ il titolo del suo film con i colori della bandiera palestinese.
“Il pubblico e’ benvenuto se vuole vedere il mio film, come qualsiasi altro. Ma se qualcuno non e’ interessato, che prosegua per la sua strada”, ha aggiunto in un café di Jaffa, vecchio quartiere misto di Tel-Aviv dove vive.
Il suo film mette in evidenza che la societa’ araba israeliana tenta di nascondere, come il tirar tardi la notte o le nuvole di cannabis che si sprigionano dai danzatori -dice Hamoud.
“Io non esagero niente, ogni scena e’ reale”.
Bar Bahar, letteralmente “Tra terra e mare” in arabo, tradotto “Ne’ qui, ne’ la’” in ebraico, e’ per la sua regista, “la voce di tutta una generazione”, quella dei giovani arabi israeliani, i discendenti dei palestinesi rimasti sulle loro terre dopo la creazione di Israele nel 1948, e che non si sentono ne’ israeliani ne’ palestinesi interamente. Essi rappresentano un israeliano su cinque.
Maysaloun Hamoud non voleva fare un film politico in senso stretto. Di film sull’occupazione israeliana dei Territori palestinesi o sul conflitto in se’, “ne siamo pieni”. Quello che vuole, e' fare film che metta la societa’ “di fronte alle sue contraddizioni, per poter andare avanti”.
Hamoud ha preferito mettere in scena un altro conflitto, “quello delle ragazze”, quello di “un luogo che ci si presenta come aperto e che accoglie l’alterita’”. Tel-Aviv e’ ritenuta dagli israeliani come la citta’ liberale per eccellenza.
“Ma esse scoprono che anche se possono allontanarsi il piu’ possibile dalla loro citta’ d’origine e dalle loro tradizioni, non saranno sempre accettate e dovranno confrontarsi col razzismo”.
L’idea e’ che uscendo dal cinema, ne’ gli israeliani ebrei, ne’ gli arabi israeliani “si sentano bene”, perche’ tutti hanno il loro posto nella propria gerarchia. Salvo le tre eroine, che nel film ne escono a testa alta.

(da un lancio dell’agenzia France Press – AFP del 07/04/2017)
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS