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Chiusura di AlphaBay. Che e’ successo al ‘supermercato della droga online’?
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Articolo di Redazione
20 luglio 2017 16:53
 
  Il 5 luglio, AlphaBay, il supermercato della droga e del traffico online, spariva dal “dark Web”. Il sito concentrava milioni di offerte per procurarsi della droga, delle armi, dei dati di carte di credito e altre cose di contrabbando illegale, accessibili unicamente agli utilizzatori che conoscevano l’indirizzo del sito e utilizzavano il navigatore anonimo TOR.
La messa offline del sito spinge gli internauti e i media ad immaginare diversi scenari, ma al momento solo alcuni fatti sono certi.
Al momento in cui il sito e’ diventato inaccessibile sul dark web, a Trois.Rivières in Québec, le autorita’ hanno fato delle perquisizioni alla ricerca di materiale informatico, ha dichiarato la polizia canadese al quotidiano Wall Street Journal e ad una media locale TVA Nouvelles. Nello stesso tempo, un emigrato canadese originario della stessa citta’, Alexandre Cazes, e’ stato arrestato in Thailandia e rinchiuso in prigione. Qualche giorno dopo, Alexandre Cazes e’ stato trovato morto in cella: “Tutti gli indizi spingono a credere che si tratti di un suicidio”, spiega la polizia dei narcotici thailandesi al quotidiano Bangkok Post, informazione ugualmente trasmessa dall’agenzia stapma France Press (AFP) grazie ad una fonte di polizia. “Aveva un appuntamento un ora piu’ tardi con un procuratore americano per essere estradato negli Stati Uniti”.
Le teorie sono numerose
Nicolas Christin, professore associato in scienze dell’informatica all’Universita’ Carnegie Mellon in Pensilvania e specializzato in dark web, intervistato dal quotidiano Le Monde, invita ad essere prudenti: “ Al momento, non c’e’ alcuna certezza che tutti gli elementi abbiano una connessione. La conclusione piu’ probabile e’ che Cazes fosse uno degli amministratori di AlphaBay. Lui aveva manifestamente un trend di vita fuori del comune rispetto alle sue attivita’ professionali”. Le sue tre case e le sue quattro automobili, di cui una Lamborghini secondo l’AFP, sono state confiscate dalle autorita’ thailandesi. La sua moglie, pertanto, e’ stata accusata di riciclaggio di denaro, sempre secondo il Bangkok Post.
Isak Landegaard, ricercatore specialista del mercato nero e delle monete virtuali al Morissey College of Art and Science di Boston, e’ sorpreso per suo conto della mancanza di dichiarazioni da parte delle autorita’: “Quando le autorita chiusero Silk Road,il sito di cui AlphaBay e’ stato erede, esse avevano subito promosso la loro operazione. Quando ci si connetteva all’indirizzo di Silk Road, c’era un messaggio lasciato dalla FBI”. Per lui, invece, ci sono due possibilita’ moto semplici: le autorita’ non hanno chiuso AlphaBay, oppure la loro strategia e’ cambiata e preferiscono un grande silenzio per continuare nella loro indagine. “Quando un sito e’ smantellato dalle forze dell’ordine, ci sara’ una maretta che si diffonde -aggiunte il ricercatore- gli utenti si domandano come le forze dell’ordine hanno potuto metter mano su dei siti dalla sicurezza cosi’ alta”.
La teoria piu’ diffusa, fino a quando il Wall Street Journal ha rivelato l’operazione della polizia canadese, era quella della “Exit scam”, cioe’ il sito avrebbe chiuso la porta e gli amministratori se ne erano andati coi soldi dei clienti. L’equivalente di milioni di euro in bitcoin, una moneta digitale, sono in effetti spariti dai portafogli dei clienti di AlphaBay. Il dark web e’ soprattutto un abitudinario delle scomparse a sopresa: nel 2015, la piattaforma Evolution spariva senza nessun avviso, i suoi amministratori rubarono l’equivalente di un milione di euro.
Questo scenario lascia comunque Nicolas Christin circospetto: “Se questi arresti ci sono stati, ci sono relativamente poche possibilita’ che sia una exit scam. Non solo, ma non e’ possibile che alcuni amministratori abbiano ancora accesso ai portafogli online degli utilizzatori. Se sono in liberta’, evidentemente la tentazione sarebbe grande di ripulire questi portafogli e sparire”.
Per il momento, nessun elemento consente di affermarlo.
Un mercato sempre attivo
Questa vicenda non dovrebbe in ogni caso compromettere gli affari sul dark web. AlphaBay o meno, si trova sempre di tutto -essenzialmente cio’ che e’ illegale. “La chiusura di AlphaBay potrebbe rallentare il traffico per un po’ di tempo, ma non c’e’ nessun dubbio che riprendera’ come prima -puo’ darsi che aumentera’, dice Isak Ladegaard. Questo tipo di questioni attira molta attenzione sul dark web, su cio’ che propone e come vi si possa accedere. E questo comporta l’arrivo di nuovi utilizzatori”.
Al momento, la scomparsa di Alphabay provoca semplicemente una migrazione verso altri siti equivalenti. La piattaforma Hansa, per esempio, e’ stata sommersa dal numero di utenti e si è schiantata pochi giorni dopo, dice il sito specializzato Wired. Dream Market, anche lui e’ stato offline per un giorno in seguito all’alto afflusso di internauti. “AlphaBay e’ diventato grande quando Evolution e’ scomparso. Evolution era diventato grande quando Silk Road, due anni prima, era scomparso...””, constata Nicolas Christin. La chiusura da parte delle autorita’ di Silk Road nel 2013, molto mediatizzata, aveva anche raddoppiato la frequentazione di altri mercati illegali del dark web, secondo un studio di Isak Ladegaard.
Sui forum di discussione, gli utilizzatori si arrabbiano per il modo in cui le autorita’ si sono impegnate per chiudere il sito -se in realta’ ne sono responsabili. Essenzialmente per sapere se esse avrebbero potuto potenzialmente accedere alle loro informazioni, che avrebbero dovuto restare anonime e criptate. Su una di queste discussioni di Reddit, invest674 si domanda “fino a che punto i poliziotti hanno accesso alla storiadi  AlphaBay nel caso in cui loro hanno i server. Credo che molte persone rischiano di essere identificate se loro hanno lo storico degli ultimi 30 giorni”.
Cos’altro preoccupa gli internauti? Che il mercato divenga di minore buona qualita’. Online, su Reddit, un utente si lamenta di Dream Market: “C’e’ del vetro e dei pezzi di plastica molto taglienti nella mia erba”.

(articolo di Ophélie Surcouf, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 20/07/2017)
 
 
 
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