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Cannabis terapeutica, la Puglia modifichi regolamento
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Articolo di Francesco Crestani
5 marzo 2010 17:22
 
Pubblichiamo questa lettera inviata ai componenti della Giunta Regionale della Regione Puglia da Francesco Crestani, medico e presidente dell’Associazione Cannabis Terapeutica.
Abbiamo appreso dai mezzi di informazione che la Giunta Regionale ha regolamentato le modalità di erogazione dei farmaci a base di Cannabis, a carico del Servizio sanitario regionale, utilizzati per la terapia del dolore per pazienti terminali o affetti da patologia cronica.
Apprezziamo la volontà di dare una risposta a tanti pazienti che non trovano, o non trovano più, una risposta alle loro sofferenze con l’uso di farmaci presenti sul mercato nazionale.
I cannabinoidi, reperibili in vari paesi stranieri, possono in alcuni casi essere considerati perlomeno un tentativo terapeutico palliativo basato comunque su una ricca bibliografia di ricerche sperimentali e una ormai abbondante mole di studi clinici.
Su questa linea si colloca il Decreto Ministeriale 18.04.2007 che inserisce nella Tabella II, sezione B, i derivati naturali e di sintesi dei cannabinoidi.
Facciamo riferimento a questo Decreto, nonché al DPR 309 del 9.10.1990, testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope.
Nella delibera in oggetto sono evidenti molte luci, che contrastano con alcune ombre che andiamo ad evidenziare.
Innanzitutto consideriamo importante che, al contrario di quanto deliberato ad esempio dalla Regione Marche, si siano ricordati tra i possibili specialisti ai quali è data la possibilità di prescrivere tali farmaci, oltre ai neurologi e agli oncologi, anche i medici “preposti alla terapia del dolore acuto e cronico”, comunque alle dipendenze da strutture sanitarie pubbliche. Peraltro tutte le altre figure mediche sono state lasciate fuori, a meno che per medici "preposti al trattamento della terapia del dolore cronico e acuto" non si intendano tutti coloro che si occupano dei sintomi di dolore nel paziente, e in questo caso potrebbero rientrare, a tutto diritto, non solo i palliativisti, gli antalgologi e gli anestesisti, ma anche gli stessi Medici di Medicina Generale che hanno in carico il malato; ma questa interpretazione ci sembra forse azzardata. Se così non fosse, come probabilmente non è, si potrebbe avere il caso ad esempio di un valido specialista neurologo convinto ad attuare nel suo paziente una terapia con cannabinoidi, ma impossibilitato a farlo in quanto libero professionista o dipendente da una clinica privata. Tale medico dovrebbe a questo punto inviare il suo paziente a un collega appartenente al servizio sanitario pubblico "sperando" che quest'ultimo concordi con la sua prescrizione!
Rimane il controsenso di farmaci ben più pericolosi prescrivibili liberamente da qualsiasi medico di base, ad esempio morfina, fentanile, buprenorfina, mentre i cannabinoidi non lo possono essere, parificandoli quasi ai farmaci di esclusivo uso ospedaliero, tipo gli anestetici e i curari.
Qui arriviamo a un altro punto: l'obbligo che l'inizio della terapia venga effettuato "in ambito ospedaliero o in strutture ad esso assimilabile, stante gli effetti terapeutici attesi connessi alla risposta individuale". Considerando appunto la scarsa tossicità dei cannabinoidi, quest'obbligo ci sembra quasi punitivo nei confronti dei pazienti. L’affermazione “gli effetti terapeutici attesi sono condizionati dalla risposta individuale” è lapalissiana e valida per qualsiasi altro farmaco, e ricordiamo che i cannabinoidi hanno di per sé un alto indice terapeutico, infatti la loro Dose Letale è solo teorica, essendo circa 40.000 volte la Dose Terapeutica. L’ospedalizzazione forzata ci appare arbitraria, e la dispensazione di questi farmaci può essere facilmente compiuta in regime di Day Hospital, come peraltro sta già avvenendo in varie realtà sanitarie italiane.
Encomiabile che non si faccia una lista positiva dei cannabinoidi, evitando così di lasciarne fuori alcuni, magari resi disponibili in futuro dalla ricerca.
Buona anche la possibilità che gli specialisti di altre regioni possano prescrivere farmaci per i pazienti residenti nella Regione Puglia.
Un punto critico è la lista delle patologie : spasticità secondaria a malattie neurologiche, nausea e vomito non sufficientemente controllati indotte da chemioterapia o radioterapia, dolore cronico neuropatico non responder ai farmaci disponibili.
Vengono così,almeno formalmente, escluse alcune patologie per le quali vi è ormai sufficiente certezza in campo scientifico: ricordiamo che ormai dal 1985 la severa Food and Drugs Administration americana permette la commercializzazione del tetraidrocannabinolo (nome commerciale Marinol) con l’indicazione della Sindrome da deperimento nell’AIDS. Tale classe di pazienti verrebbe esclusa quindi dalla somministrazione dei cannabinoidi in Puglia, e, tra l’altro, i medici infettivologi che li seguono non glieli potrebbero prescrivere. Non solo: da alcuni anni ormai l’estratto farmacologico di Cannabis denominato Sativex ha in Canada l’indicazione del dolore da cancro (che non è sempre di tipo neuropatico!). Ecco un’altra classe di pazienti, particolarmente fragile, che si vedrebbe negata la possibilità di cura. Senza pensare inoltre a tutta una serie di patologie per le quali, anche se ancora non ci sono grosse certezze cliniche, i cannabinoidi potrebbero essere utilizzati almeno come tentativo terapeutico palliativo, una volta esaurite le possibilità con i farmaci di uso corrente. Pensiamo all'epilessia farmaco resistente, al dolore reumatico articolare (artrosi, artriti, fibromialgie), all'emicrania grave, al glaucoma, alla sindrome di Tourette tanto per citarne alcune!
Per tutti i succitati motivi, si chiede a codesta Giunta Regionale di porre le opportune correzioni alla delibera in oggetto.
In particolare si chiede che, a norma di legge, a norma del buon senso e del principio di realtà:
1. si tolga la possibilità di prescrizione dei farmaci cannabinoidi da parte dei soli medici dipendenti da strutture pubbliche e da parte dei soli specialisti in neurologia e oncologia e preposti alla terapia del dolore acuto e cronico
2. si tolga il ricovero coatto per i pazienti all’inizio della terapia
3. si lascino le indicazioni della terapia alla scienza e coscienza dei medici
Si resta in attesa di riscontro, e si porgono distinti saluti.

Questa un commento di P.i.c. (Pazienti Impazienti Cannabis)
Non possiamo che concordare con le perplessità del dr. Crestani, le stesse già espresse dopo l' approvazione nel 2008 della delibera 470 da parte della giunta regionale delle Marche, di cui questa nuova delibera condivide il testo con poche modifiche minori.
Ci preme però inquadrarne il contesto.
La recente delibera 308 della regione Puglia http://www.regione.puglia.it/index.php?page=burp&opz=getfile &file=8.htm&anno=xli&num=41 non costituisce per quella regione un canale esclusivo di accesso alla terapia con cannabinoidi, dato che restano pienamente in vigore le modalità vigenti a livello nazionale, cioè l' importazione tramite Asl su prescrizione del medico specialista o mmg "di famiglia", ai sensi del DM 11-2-97, e la prescrizione su ricetta semplice non ripetibile di preparazione galenica, allestita da una qualunque farmacia dotata di laboratorio. La 308 è anche nelle intenzioni della Regione, almeno così ci auguriamo, una modalità aggiuntiva "agevolata" per malati affetti da dolore cronico acuto e, spesso, disabilità motoria.
Come ben sappiamo, oggi gli ostacoli all' accesso a tale terapia sono sostanzialmente di due generi: la non disponibilità dei medici, spesso per ignoranza della procedura, ad avvalersi della possibilità di prescrivere tale terapia, ed il costo da sostenere nella maggior parte dei casi una volta ottenuta la prescrizione, che per i pazienti è intollerabilmente alto.
A questi si aggiunge l' ostilità da parte delle direzioni ospedaliere, che causa un illecito rifiuto da parte delle farmacie ospedaliere di dar seguito alle legittime richieste di importazione sottoscritte dagli specialisti interni, ai sensi del DM 11-2-97 e della stessa delibera 308 pugliese, dove si conferma che "La rimborsabilità di farmaci importati in applicazione del più volte citato Decreto restano a carico del SSR qualora il medico richiedente sia alle dipendenze di struttura pubblica ed il paziente sia trattato in regime di ricovero o soggetto a day hospital o percorso ambulatoriale".
" fatti salvi i vincoli di bilancio e quelli eventualmente posti dalla normativa regionale", specifica però il DM.
Di ulteriori vincoli posti dalle normative regionali noi pazienti non sentiamo appunto il bisogno, tanto più di limitazioni all' impiego di tali farmaci per le sole indicazioni "terapia del dolore" e "nausea da chemio o radioterapia".
Il recente intervento del sottosegretario Giovanardi ha finalmente confortato le nostre dichiarazioni controcorrente: in nessuna parte del recentemente approvato Ddl 1771 su terapie del dolore e cure palliative si intendono i cannabinoidi come inclusi tra i farmaci oppiacei utilizzabili a tale scopo, nè tantomeno che il loro utilizzo sia limitato esclusivamente a tali indicazioni terapeutiche, chiarendo così un equivoco purtroppo molto diffuso.
In coerenza con tutto ciò, alle richieste di correzioni suggerite vorremmo quindi aggiungere:
1- la cancellazione dell' improvvida frase "...delibera di autorizzare le Farmacie Ospedaliere delle Aziende Sanitarie a garantire l’erogazione dei cannabinoidi a carico del Servizio Sanitario Regionale ... per le sole indicazioni approvate"
2- la possibilità esplicita per TUTTI gli specialisti ospedalieri di prescrivere ed utilizzare tali farmaci e preparazioni galeniche in ambito ospedaliero e ambulatoriale. Vorremmo anzi leggere la volontà della Regione Puglia di eliminare gli ostacoli amministrativi alla fruizione concreta di quanto sopra, già pacifico e previsto dal sopracitato DM ma tuttora inattuato.
Solo così le indicazioni della terapia rimangono alla scienza e coscienza dei medici, che auspicabilmente cesseranno di aver paura di esporsi a rappresaglie professionali per questo, e si ristabilisce un clima scientifico sereno e degno di un Paese civile, che permetta di mettere al centro le necessità dei malati.
 
 
 
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