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La cannabis per rilanciare la crescita economica
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Articolo di Redazione
14 dicembre 2016 11:36
 
 L’elezione imprevista di Donald Trump ha oscurato gli altri voti che ci sono stati lo stesso giorno, nei numerosi Stati americani. In particolare, diversi referendum vertevano sulla legalizzazione della cannabis. Nel 2012, il Colorado e lo Stato di Washington avevano gia’ votato in favore di questa evoluzione, seguiti due anni piu’ tardi da Alaska e Oregon. Anche se la legge federale continua ad essere restrittiva, 17 milioni di americani hanno conquistato il diritto di consumare, di acquistare e di produrre cannabis. Nel 2016, il Nevada, Il Massachusetts e soprattutto la California, hanno esteso questi diritti a circa 49 milioni di cittadini.
Alcuni Paesi interi si sono ugualmente impegnati nella strada della legalizzazione: dopo l’Uruguay nel 2013, e’ il Canada che si appresta a farlo. Dopo decenni di disastrose “war on drugs” (guerra alle droghe), il pragmatismo impone infine altre politiche.
I Paesi che restano ancora su una linea repressiva, farebbero bene a fare tesoro di cio’ che accade altrove. Perche’, se gia’ si conoscono i costi del proibizionismo, se la sua sconfitta sia dal punto di vista della salute pubblica che nella lotta contro il crimine organizzato sono ben chiari e documentati, la messa in opera pratica della legalizzazione ci da’ ora diverse esperienze a grandezza reale, permettendo di rendere piu’ precisa la valutazione di tali politiche. Ed abbiamo ora uno studio che propone un’analisi dell’impatto economico della legalizzazione della cannabis in Colorado. Uno studio che e’ prezioso: quando la cannabis e’ illegale, queste analisi non possono fare riferimento che a delle estrapolazioni, intrinsicamente generiche, che fanno valutazioni su dati contestabili perche’ riferiti a delle attivita’ clandestine; ma essendo la cannabis diventata legale in Colorado, e’ possibile osservare l’attivita’ economica realmente generata da questo prodotto in un territorio dove vivono piu' di 5 milioni di abitanti.
Gli autori hanno tentato di valutare non solo l’attivita’ direttamente legata alla cannabis, ma anche quella che e’ indotta da questo nuovo mercato, dove piu’ esattamente questo mercato e’ in modo nuovo integrato all’economia ufficiale.
Per quello che concerne l’attivita’ diretta, il volume totale delle vendite e’ di un miliardo di dollari nel 2015, con circa 13.000 posti di lavoro creati nell’agricoltura, nel commercio o l’attivita’ di trasformazione, essendo la marijuana venduta non solo sotto forma di erba da fumare ma anche in olio, biscotti, etc… Occorre notare che la produzione e’ quasi esclusivamente “indoor”, in luoghi chiusi dove un’illuminazione artificiale permette di simulare il ritmo delle stagioni e di produrre regolarmente durante tutto il corso dell’anno: un siffatto modo di produzione e’ piu’ intensivo in termini di capitale, e soprattutto in energia, rispetto ad una produzione all’aria aperta, piu’ intensiva in lavoro.
Creazione di posti di lavoro
Un’attivita’ diretta importante e’ ugualmente di ordine burocratico, poiche’ la legge impone diversi adempimenti, essenzialmente in termini di tracciamento del prodotto e di norme sanitarie, dalla produzione fino al consumatore finale. Al di la’ di questi 13.000 posti di lavoro, piu’ di 3.000 lavori diretti sono stati creati con alcune delle imprese che forniscono dei servizi ai produttori e distributori di cannabis: sicurezza, costruzioni e vendite immobiliari, consulenze giuridiche, etc.
Infine, attraverso l’integrazione di questo nuovo settore ad un modello “input-output” dell’economia del Colorado, lo studio ha fissato a 2.500 il numero di posti di lavoro diretti, indotti dal consumo dei lavoratori e degli azionisti dell’industria della cannabis, ormai interamente integrata all’economia legale.
Un elemento importante da prendere in considerazione e’ che gli scambi restano vietati tra uno Stato e l’altro, anche tra due Stati limitrofi che abbiano entrambi legalizzato la cannabis. Una grande parte dell’attivita’ indotta dall’economia della cannabis resta quindi, per come e' stata costituita, localizzata in Colorado. In tutto, la legalizzazione ha creato piu’ di 18.000 posti di lavoro diretti od indiretti.
Gli autori notano che la transizione dal mercato nero a quello legale continuera’ durante alcuni anni, contribuendo anche ad una forte crescita del mercato almeno fino al 2020. L’insieme degli introiti fiscali sono, per lo specifico, stimati in 120 milioni di dollari, 30% meno rispetto alle sigarette ma tre volte in piu’ rispetto alle tasse sull’alcool.
La trasposizione a livello della Francia non e’ immediata, poiche’ i modi di coltivazione e di distribuzione, nonche’ le tasse, saranno diversi. Ma in rapporto alla popolazione francese, si tratterebbe di 200.000 posti di lavoro, non sovvenzionati, e di circa 1,5 miliardi di introiti fiscali. Mentre le questioni di sicurezza e sanitarie spingono anche esse contro la proibizione, la Francia puo’ privarsi di una tale fonte di ricchezza, di lavoro e di crescita?

(articolo di Pierre-Yves Geoffard, professore alla Scuola d’economia di Parigi, direttore degli studi all’EHESS, pubblicato sul quotidiano Libération del 14/12/2016)
 
 
 
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